Verso il G7 del Lavoro, Bucci (Cgil Puglia): «Transizione, IA e salari: le nostre sfide» – L’INTERVISTA

Il G7 sul lavoro si terrà a Cagliari dall’11 al 13 settembre. Tante le vertenze aperte. Che cosa farà il sindacato? Lo abbiamo chiesto a Gigia Bucci, segretario regionale Puglia della Cgil.

Quale è la sfida più importante che il vostro sindacato porterà sul tavolo?

«I punti della piattaforma che il sindacato porterà al tavolo del Labour 7 sono diversi, dal tema transizioni alla gestione dell’intelligenza artificiale fino alla questioni di genere. Ma al primo punto c’è la richiesta dell’aumento del valore reale dei salari in tutta l’area OCSE».

Si riferisce al costo della vita?

«Sì che ha colpito ovunque i redditi da lavoro, è aumentata la povertà anche tra chi è occupato e i più colpiti sono soprattutto donne, giovani e lavoratori migranti. Se guardiamo ai dati del mercato del lavoro dell’Italia c’è una sovrapposizione perfetta di questa condizione. Siamo molto preoccupati sul futuro del nostro Paese: questo Governo delle destre nega la realtà, si rifugia nella propaganda dei numeri negando e offendendo la condizione materiale delle persone, sempre più in difficoltà».

Che Cosa ci racconta questa realtà, per esempio al sud?

«Si diffondono dati entusiastici sul lavoro, ma la qualità è peggiorata, a causa della precarietà. Rispetto a 15 anni fa abbiamo 1 milione di occupati a tempo indeterminato e la perdita maggiore si concentra soprattutto nel Mezzogiorno, dove quattro lavoratori su dieci sono a termine e un quarti di questi è precario da oltre cinque anni. Di contro abbiamo avuto l’esplosione dei rapporti part time nel 75% dei casi involontari, non scelti ma subiti. Dentro questo contesto dirompente è la questione di genere e quella giovanile. Assieme alla debolezza della struttura produttiva sono tutti elementi che contribuiscono ad aggravare la questione salariale».

Agricoltura, uno dei comparti dove è più facile trovare manodopera sfruttata, pensiamo ai braccianti extracomunitari, invisibili, sottopagati. L’Italia però ha bisogno anche di loro, non crede? Che si può fare?

«Il primo vero ostacolo da superare se si vuole affrontare seriamente la questione dello sfruttamento in agricoltura dei lavoratori immigrati, e non solo in questo settore, è l’assurda legge Bossi-Fini, prima alleata di caporali e pseudo imprenditori senza scrupoli. C’è una insopportabile ipocrisia sul tema, si fa propaganda politica sulla vita e spesso la morte di migliaia di persone che in Italia ci sono, seppur invisibili, e contribuiscono alla ricchezza di tanti settori. Ma non possono reclamare diritti. Allora iniziamo a rivedere le norme sulla cittadinanza, procediamo a regolarizzare chi magari da anni è sul nostro territorio e non avendo un lavoro in regola, perché non può rivendicarlo, non può ottenere permesso di soggiorno. Significherebbe recuperare milioni in termini di fiscalità generale e redditualità per le persone. Solo una politica connivente con questo sistema di sfruttamento può ignorare questa necessità».

In Puglia e in Basilicata, sempre restando sul tema agricoltura, ci sono state nel tempo strutture per l’accoglienza dei braccianti migranti, come Palazzo San Gervasio, ma anche a Foggia, spesso però sono ghetti infernali o strutture dismesse. I finanziamenti del PNRR potrebbero essere anche utilizzati anche per questo?

«Le risorse del Pnrr va utilizzate al meglio per ripristinare principi di accoglienza dignitosa e vera integrazione. Abbiamo criticato la decisione di affidare ai singoli comuni – spesso piccole realtà amministrative -interventi complessi. Ora c’è un commissario designato dal Governo che deve assumersi direttamente le responsabilità circa la riuscita del programma di superamento dei ghetti».

E qui la Bossi-Fini non aiuta.

«Certo che no: chi non è in regola è costretto a vivere da invisibile, se non sarà a Rosarno o a Borgo Mezzanone altri ghetti rinasceranno in poco tempo se non si affronta in maniera complessiva il tema dell’accoglienza e del lavoro. Potenziando l’intermediazione pubblica, organizzando servizi di trasporto, togliendo ai caporali gli strumenti di ricatto che oggi esercitano e danno loro potere. I sindacati lo rivendicano da tempo ma ci sembra che le azioni del Governo delle destre vadano in tutt’altra direzione di quella della dignità da garantire e migliaia di uomini e donne che contribuiscono al successo delle produzioni agricole made in Italy».

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