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Una Zona economica speciale unica al Sud: c’è il “sì” dell’Europa. Più facile investire nel Mezzogiorno

Una sola Zona economica speciale (Zes) al posto delle otto attuali, con l’autorizzazione unica per l’avvio delle attività produttive estesa a tutto il Sud e la riduzione di un terzo dei termini di conclusione dei procedimenti. Il piano del governo Meloni, illustrato dal ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, ha incassato ieri l’ok della Commissione europea: una svolta, più volte auspicata anche dalla Confindustria barese, che dovrebbe semplificare gli investimenti nelle otto regioni coinvolte e cioè in Puglia, Basilicata, Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna, Abruzzo e Molise.

Ma che cosa sono le Zes? Si tratta di zone, istituite nel 2017 dal governo Gentiloni ma di fatto rese operative solo nel 2022 dall’esecutivo Draghi, in cui vige una legislazione economica differente e agevolata rispetto a quella in vigore nel resto del Paese. Al Sud sono otto: Campania, Calabria, Ionica (Puglia-Basilicata), Adriatica (Puglia-Molise), Sardegna, Abruzzo, Sicilia Orientale e Sicilia Occidentale. Qui scatta la prima novità: le Zes non saranno più otto ma una sola, unica per tutto il Sud.

A livello operativo si prevede un solo sportello unico online attraverso il quale le imprese potranno fare domanda per ottenere le autorizzazioni a nuovi investimenti. Non ci saranno più, dunque, otto sportelli unici, cioè uno per ogni Zes, come previsto nell’estate 2022 dal governo Draghi per semplificare l’iter burocratico e accorciare i tempi. In questa stessa prospettiva, il piano del Governo prevede l’estensione a tutto il Sud dell’autorizzazione unica per l’avvio delle attività produttive e la riduzione di un terzo dei termini di conclusione dei procedimenti. Non resta che aspettare, quindi, che il piano venga concretizzato e, soprattutto, che siano realizzate tutte le infrastrutture strategiche finanziate con 630 milioni del Pnrr.

La vicepresidente della Commissione europea Margrethe Vestager ha accolto «positivamente» la proposta del governo Meloni che le è stata illustrata dal ministro Fitto. Durante l’incontro è stato anche avviato il confronto con la Commissione europea sulla cosiddetta “Decontribuzione Sud”, misura in scadenza al 31 dicembre 2023, che prevede uno sgravio dei contributi previdenziali dovuti dai datori di lavoro nella misura del 30 fino al 2026, del 20% nel 2027 e del 10 nel 2029 per i contratti di lavoro a tempo indeterminato e determinato oltre che per l’apprendistato. Il governo Meloni è passato dalla proroga semestrale della misura a quella annuale, mentre ora intende renderla strutturale e permanente con l’obiettivo di sostenere l’occupazione nel Mezzogiorno, in particolare per le donne e i giovani. Su questo Vestager ha espresso la «piena disponibilità» della Commissione ad aprire un dialogo col Governo italiano.

Soddisfatta la premier Giorgia Meloni: «Lo sviluppo dell’economia del Mezzogiorno è una priorità del Governo. Siamo però convinti che questo obiettivo debba essere raggiunto abbandonando la logica assistenziale che non funziona, ma dando opportunità di lavoro e crescita e rendendo queste aree del Paese competitive e attrattive per investimenti e imprese».

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