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Un stipendio più alto? Sì, ma anche umanità. Un lavoratore su tre sceglie in base al rapporto con i colleghi

Per il 45 per cento dei lavoratori la carriera non è una priorità e solo uno su tre è soddisfatto pienamente della propria professione. Solo la metà si sente abbastanza apprezzato sul posto di lavoro. È quanto emerge dalla ricerca realizzata dall’agenzia per il lavoro di Maw su un campione di 2.600 lavoratori italiani.

Gli intervistati, per il 46 per cento uomini e il 50 per cento donne (il 4 per cento ha preferito non esprimere la propria identità di genere) e con una età media di 37 anni, hanno restituito la fotografia di un Paese in profondo cambiamento, dove la necessità di un reddito va di pari passo con quella di vedere realizzate le proprie aspettative, tanto creative quanto familiari.

Un risultato pienamente coerente con la mancata corrispondenza tra la domanda e l’offerta di lavoro che rappresenta la vera novità dell’economia moderna. Gli aspetti umani sono centrali nelle scelte tant’è che dalla ricerca emerge che il 31 per cento degli intervistati decide se continuare a lavorare o meno in una azienda in funzione del rapporto con i colleghi.

Il rapporto con il proprio superiore determina in maniera netta il sentirsi a proprio agio sul posto di lavoro. In generale si registrano rapporti positivi con questa figura apicale, per il 37 per cento è di fiducia e per il 35 per cento è amichevole, anche se c’è un 31 per cento che lo considera migliorabile e una minoranza (10 per cento) che lo definisce stressante. Chi ha deciso di cambiare lavoro almeno una volta nel corso della sua vita professionale (56 per cento), lo ha fatto perché si è sentito sfruttato (22 per cento), non valorizzato (19 per cento), perché non si trovava bene con il proprio capo (16 per cento), o per i carichi di lavoro eccessivi che non consentivano di avere un buon bilanciamento vita-lavoro (16%).

A dichiararsi insoddisfatti della scelta compiuta è stato solo il 14 per cento del campione. Di questa percentuale, solo il 4% tornerebbe al lavoro precedente, mentre il restante 10 per cento, pur insoddisfatto, non tornerebbe sui propri passi. «Lo scopo di questa analisi – commenta Federico Vione, Ceo di Maw e W-Group – è quello di fornire un quadro delle reali priorità e necessità delle persone rispetto alla propria vita lavorativa.

I risultati guidano meglio noi nella valorizzazione dei talenti, ma possono essere d’ispirazione anche per stimolare un dibattito più ampio, che può aiutare anche i decisori a orientarsi nelle politiche più urgenti relative al mondo del lavoro. Dall’analisi emerge che i lavoratori non cercano solo un posto di lavoro, ma qualcosa di più, ed è fondamentale per le aziende chiedersi se i propri dipendenti si sentano quindi sufficientemente coinvolti nei processi di crescita aziendale.

Leggendo i dati, infatti, prendiamo atto che la carriera viene dopo la vita personale nella scala delle priorità e per quasi la metà del campione non è un aspetto di primaria importanza. I lavoratori coinvolti ci hanno raccontato, poi, l’importanza dell’aspetto salariale, che naturalmente continua ad essere al primo posto quando si cambia lavoro, ma anche del benessere sul luogo di lavoro: più di sei persone su dieci non lasciano i datori di lavoro che sanno valorizzarli e un buon rapporto con i colleghi è determinante nella scelta di non lasciare il proprio posto di lavoro. Tutti questi aspetti, insieme a quelli del welfare e della formazione, vanno necessariamente presi in considerazione quando parliamo dell’evoluzione del mondo del lavoro, perché alla base di tutto ci sono sempre le persone».

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