A fine 2024, il turismo internazionale ha continuato a crescere e ha quasi completamente recuperato i livelli pre-pandemia. Ma c’è un dato che preoccupa gli addetti del settore: nonostante i flussi di viaggiatori continuino a crescere, il numero complessivo degli alberghi italiani è, invece, tornato a calare (con la sola eccezione delle strutture di alta fascia a 4 e 5 stelle). E la Puglia non è esente dalla crisi. Le motivazioni del fenomeno sono molteplici. A provare a darne una risposta uno studio condotto da Federalberghi nazionale in collaborazione con l’Ente bilaterale del turismo.
I territori
L’analisi delle caratteristiche strutturali degli alberghi italiani a livello territoriale disaggregato evidenzia come la maggior parte degli esercizi e dei letti continui ad essere localizzata nelle regioni del Nord, caratterizzate da una più antica vocazione turistica. Nello specifico, la regione in cui l’offerta ricettiva alberghiera (in termini di letti) è più elevata è l’Emilia-Romagna (con 281.923 posti letto) , seguita da Trentino-Alto Adige (248.997) e Veneto (212.246).
Lo studio sottolinea, però, che nel corso degli anni si è assistito ad una redistribuzione dell’offerta nelle aree del paese: ad una diminuzione di incidenza delle regioni del Nord, si contrappone infatti un aumento di quella delle regioni meridionali, sia in termini di esercizi che di letti. A crescere di più tra il 2000 e il 2023 è stata, infatti, l’offerta ricettiva alberghiera delle regioni meridionali, che si è mostrata particolarmente dinamica in Puglia, dove i letti sono aumentati del 93,3%, Basilicata (+64,8%), Sicilia (+59,2%) e Sardegna (+49,9%). Una crescita che però non riesce a pieno a seguire il boom di presenze e l’incremento dei flussi che hanno caratterizzato gli ultimi tre anni in Puglia.
La regione, infatti, si attesta sotto la media nazionale per la densità di posti letto sul territorio in relazione ai chilometri quadrati. Vi sono infatti “solo” 5,7 posti letto per chilometro quadrato, contro una media nazionale di 7,4. Negativa anche la distribuzione provinciale. A parte Lecce, dove abbiamo 14 posti letto per chilometro quadrato, tutte le altre province sono ben al di sotto di tale soglia. Uno dei dati peggiori è quello del capoluogo pugliese: a Bari la media è di 4,7, nonostante la città abbia vissuto uno sviluppo importante in termini di flussi turistici, tale da aver trainato nel 2023 e nel 2024 i numeri di tutta la regione nel suo complesso.
Uno dei nodi problematici su questo fronte resta la preponderanza di esercizi che afferiscono al settore extralberghiero. In Puglia, infatti, solo il 36,6% delle strutture è composto da alberghi, mentre la restante parte è costituita da B&b, case vacanze e appartamenti. Una carenza che rischia di frenare lo sviluppo di tutto il settore turistico.
La crisi pandemica
Il quadro finora delineato mostra le caratteristiche strutturali e le dinamiche di lungo periodo dell’offerta ricettiva alberghiera, ma non consente di evidenziare appieno le pesanti ricadute che essa ha subito a causa della pandemia di Covid-19. Dopo le riaperture estive, peraltro non generalizzate e a ritmi ridotti, la seconda ondata pandemica e le relative misure restrittive hanno nuovamente aggravato la situazione negli ultimi mesi del 2020, costringendo alcuni alberghi a cessare l’attività, soprattutto tra quelli di piccola e media dimensione più vulnerabili agli shock della domanda.
Se confrontati con quelli degli anni immediatamente precedenti, i dati del 2020 (graf.3.14 – 3.17) evidenziano infatti un calo del numero complessivo degli alberghi dell’1,6%, superiore a quello “fisiologico” degli anni precedenti.