Ci sono numerosi recenti studi secondo i quali il particolato immesso nell’atmosfera sia responsabile di tumori in organi diversi dal sistema respiratorio, con un incremento del rischio di cancro del sistema nervoso centrale, sia a livello complesso che pediatrico. È quanto ha sostenuto ieri, rispondendo alle domande del pm, il professore Carlo Barone, consulente tecnico della procura nel processo per la morte del piccolo Lorenzo Zaratta, il bimbo tarantino morto a cinque anni nel 2014 per un tumore al cervello diagnosticato quando aveva solo tre mesi di vita.
A processo sono finiti sei dirigenti dell’ex Ilva con l’accusa di concorso in omicidio colposo. Per la procura, il tumore invasivo al cervello che ha ucciso il piccolo è stato provocato dall’esposizione agli inquinanti della fabbrica.
Guerra di perizie
Il professor Barone, che ha già depositato tre relazioni tra il 2018 e il 2022, ha parlato in aula di recenti dati sulla correlazione tra inquinamento e tumori, sottolineando che le sostanze nocive sono in grado di raggiungere il feto attraverso la placenta. A sostenere la tesi della procura, ci sono anche altre consulenze, come quella della pediatra Annamaria Moschetti, che durante la scorsa udienza, basandosi su uno studio effettuato con i dati Arpa, ha sostenuto in aula che gli inquinanti della fabbrica sono passati al piccolo Lorenzo già dal grembo materno, per via dell’esposizione della mamma alle ciminiere dell’ex Ilva.
Un ricercatore dell’Istat, Emilio Gianicolo, ha invece portato in aula i numeri degli studi sulla correlazione tra esposizione a particolato e tumori del sistema nervoso. Nel cervello del piccolo Lorenzo furono trovate particelle metalliche e polveri di combustione presenti nel particolato atmosferico, arrivate lì, secondo la procura, attraverso la placenta quando ancora il bimbo era nel pancione della mamma, che lavorava al quartiere Tamburi, proprio accanto alla fabbrica. Quelle sostanze, per l’accusa, hanno provocato il tumore che lo ha ucciso dopo quasi cinque anni di calvario e ben 25 interventi chirurgici.
La difesa
Per la difesa manca del tutto il nesso di causa tra la malattia che ha colpito il bambino e le attività degli imputati. Non c’è correlazione scientifica che provi che l’inquinamento ha causato la malattia che ha ucciso il bimbo, nè sono emerse prove certe che quelle sostanze microscopiche trovate nel cervello del piccolo Lorenzo siano finite lì per colpa del siderurgico. . I genitori del piccolo Lorenzo si sono costituiti parti civili con gli avvocati Leonardo La Porta e Ladislao Massari e hanno chiesto danni per 25 milioni di euro.