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Saverio Massari: «Perché Bari e il sindaco sono oggetto di diffamazione sionista»

Non si trova negli Annali un’iniziativa civile promossa dal Consiglio comunale di Bari che, prima della recente dichiarazione di non-gradimento di Israele in Fiera del Levante, abbia creato un nervosismo così convulso dall’ultimo agit-prop di provincia che pesta sui tasti sotto l’ombrellone a Pane e Pomodoro fino a, nientemeno, un’ambasciata a Roma. Perché?

Chiunque abbia un po’ di dimestichezza con la politica lo ha già capito: perché Bari “ci ha preso”, Consiglio comunale e Sindaco e Città hanno intuito un’iniziativa pacifica in grado di suscitare un vero stop di riflessione nel governo fascistizzato di Israele. Una completa resipiscenza? La fine dello sterminio il giorno dopo? Certamente no, e nessuno si illudeva di tanto, ma una scintilla può incendiare la prateria, e l’esempio è già sotto gli occhi di cento altre grandi città che possono intravedere la stessa leva che abbiamo visto a Bari: fermare i commerci provoca agitazione e allarme nel quartier generale coloniale, che ha messo mano alla leva del cambio e ha accelerato sulla propaganda, mettendo alla frusta i suoi terminali.

Quali sono i canali (e le famiglie di argomenti) che la Hasbara ha potenziato con l’occasione? Ne abbiamo individuati tre. Del canale “social” e del canale “VIP” vi parleremo in prossimi post. Qui attiriamo la vostra attenzione sul canale più gonfio di cinismo e di propaganda: l’ambasciata.

Il canale a diretto contatto telefonico con Netanyahu è l’ambasciata israeliana. Che ha scelto gli argomenti più surrettizi, e si è dovuta muovere di corsa – mai prima – per un agghiacciante motivo: la strategia di annessione definitiva della Cisgiordania, con altri 3.700 coloni “che costruiranno la bara definitiva dello Stato Palestinese” (ministro Smotrich) all’ambasciata non l’hanno appresa come noi dai telegiornali di oggi. L’apparato di comunicazione di un paese in guerra presidia il mondo e tiene informate le sue “stazioni” all’estero.

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