È passato quasi sotto silenzio il nuovo rapporto del ministero della Salute sui Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) del 2023. Forse perché in estate l’agenda politica è infuocata su altri fronti, forse perché il copione sembra ripetersi ogni anno: alcune regioni eccellono, altre arrancano. Eppure i LEA – la traduzione concreta dell’articolo 32 della Costituzione, cioè il diritto alla salute – non sono una questione tecnica per addetti ai lavori, ma il metro con cui misuriamo l’equità del nostro sistema sanitario.
Il quadro nazionale: 8 regioni insufficienti, ma nessuna “tripla bocciatura”
Il Nuovo Sistema di Garanzia valuta le performance sanitarie con 88 indicatori, suddivisi in tre macro-aree: prevenzione, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera. La sufficienza è fissata a 60 punti per ciascuna area, senza possibilità di “compensazioni” tra settori. Nel 2023, tredici tra regioni e province autonome – tra cui Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Puglia e Sardegna – hanno superato la soglia in tutte le aree. Otto realtà, invece, hanno registrato almeno un’insufficienza: Valle d’Aosta, Abruzzo, Sicilia (bocciate in due aree) e P.A. Bolzano, Liguria, Molise, Basilicata, Calabria (bocciate in una). Un dato comunque positivo: per la prima volta, nessuna regione è risultata insufficiente in tutte e tre le aree.
Sud a macchia di leopardo: migliora la Campania, male Sicilia e Calabria
Il Mezzogiorno conferma la sua eterogeneità sanitaria. La Campania è la sorpresa dell’anno: da due insufficienze nel 2020 è passata alla promozione piena nel 2023. La Calabria migliora ma resta insufficiente nell’assistenza distrettuale, mentre la Sicilia peggiora, aggiungendo al deficit in prevenzione quello nel distrettuale. Criticità diffuse riguardano soprattutto la prevenzione, con coperture vaccinali infantili e screening oncologici ancora distanti dagli standard nelle regioni meridionali, e l’emergenza-urgenza, dove i tempi di intervento del 118 restano problematici in varie aree del Sud.
La Puglia: sempre promossa, ma lontana dai punteggi top
La Puglia fa parte del gruppo delle “sempre promosse” dal 2020 a oggi, insieme a regioni storicamente forti come Veneto ed Emilia-Romagna. Nel 2023 ha superato la soglia dei 60 punti in tutte le macro-aree, confermando una tenuta complessiva del sistema. Tuttavia, c’è un rovescio della medaglia: se la regione migliore in Italia ha sfiorato i 288 punti complessivi su 300, altre regioni “promosse” – Puglia inclusa – si collocano più vicine alla sufficienza che all’eccellenza. Questo significa che, pur non rischiando la bocciatura, c’è ampio margine di miglioramento, soprattutto in quegli indicatori in cui il punteggio è appena sopra la soglia. Per esempio, la Puglia deve continuare a rafforzare le coperture vaccinali, aumentare la partecipazione agli screening oncologici e migliorare l’efficienza delle cure territoriali, riducendo ricoveri evitabili e tempi di attesa.
Sanità a due velocità: un problema di equità
Il rapporto LEA ribadisce un nodo strutturale: vivere in una regione “promossa” o “bocciata” può significare avere un accesso diverso – e talvolta diseguale – a servizi essenziali. Questo alimenta la cosiddetta migrazione sanitaria, con pazienti che si spostano verso territori dove i servizi sono più rapidi o qualificati. Se per le regioni in ritardo l’obiettivo è raggiungere la sufficienza, per quelle già promosse – Puglia compresa – la sfida è un’altra: alzare l’asticella, puntando a standard di eccellenza e riducendo la distanza dai migliori.
Corrado Crocetta è docente ordinario di Statistica