La sanità privata pugliese è sul piede di guerra dopo l’approvazione del nuovo nomenclatore nazionale per la specialistica ambulatoriale e la protesica: un aggiornamento del tariffario delle prestazioni fermo da 30 anni e in dirittura d’arrivo addirittura da ben otto. L’ok della Conferenza Stato-Regioni ha creato un vero e proprio tsunami nel mondo del privato accreditato fra cliniche, laboratori d’analisi e ospedali ecclesiastici.
I tagli
Il prontuario, infatti, contiene tagli draconiani ai rimborsi fino al 60% per circa 3.100 prestazioni di cui 1.100 nuove fra cui la procreazione medicalmente assistita e lo screening neonatale esteso alla Sma. Su un fabbisogno stimato di circa due miliardi di euro il Governo centrale ha stanziato solo mezzo miliardo di aumento, un quarto rispetto agli adeguamenti minimi richiesti dal comparto.
Per capire la portata del decreto tariffe basta considerare l’esempio della visita cardiologica rimborsata con il nuovo prontuario con 17 euro: una quotazione fuori mercato considerando la necessità di un medico, un infermiere, del tracciato e dei vari costi da sopportare per le strutture. Strutture che hanno subìto, dopo il Covid, una serie di rincari fra costi del personale, reagenti, spese di energia.
Le conseguenze
La scure s’abbatterà sulle liste d’attesa considerando l’impossibilità da parte delle strutture private di eseguire attività in perdita, ma anche sugli ospedali pubblici che rischiano di indebitarsi a dismisura. Sulla graticola circa 350mila dipendenti delle strutture private.
Un quadro ancor più grave per la Puglia che non potrà intervenire a sostegno degli operatori privati, così come accade in altre Regioni, in quanto bloccata dal piano di rientro, il cappio al collo stabilito dai ministeri da oltre dieci anni. Con l’ulteriore beffa dell’entrata in vigore anticipata per il nomenclatore nazionale che nel Tacco d’Italia potrebbe scattare dal primo dicembre, un mese prima rispetto alle altre regioni.
I sindacati
Da qui le note di proteste delle sigle sindacali, a partire dall’Uap, Unione ambulatori, poliambulatori, enti e ospedalità privata. «I rimborsi approvati dal Ministero della Salute sono al di fuori di ogni logica di mercato e non consentono di garantire una sanità di qualità – si legge in una nota – Chi dice il contrario si inventa diagnosi o non esegue realmente esami clinici. Delle tariffe che il Ministero dichiara essere calmierate, in realtà alcune sono rimaste identiche e molte altre sono state diminuite del 60%. Non abbiamo mai assistito, nell’intera storia della nostra Repubblica, a tariffe ferme da oltre 26 anni che invece di essere incrementate vengono diminuite, contro ogni logica economica e di buon senso, senza tener conto delle reali esigenze degli italiani e della loro salute». E da ultimo: «Stupisce che le Regioni le abbiano ritenute congrue, probabilmente perché mirano al risparmio più che alla qualità del servizio».