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Sanità in Salento: «L’Asl snobba gli ospedali di provincia». Faro su Galatina, Copertino e Casarano

«C’è una pessima gestione del personale dell’Asl di Lecce unita a croniche carenze che mettono in ginocchio la sanità salentina». È il durissimo atto di accusa di Giuseppe Mancarella, segretario provinciale dei Cobas, che boccia la politica sanitaria della Regione definendola «Lecce-centrica». «Il mega agglomerato del “Vito Fazzi”, un gigante con l’efficienza di un bradipo,…

«C’è una pessima gestione del personale dell’Asl di Lecce unita a croniche carenze che mettono in ginocchio la sanità salentina». È il durissimo atto di accusa di Giuseppe Mancarella, segretario provinciale dei Cobas, che boccia la politica sanitaria della Regione definendola «Lecce-centrica».

«Il mega agglomerato del “Vito Fazzi”, un gigante con l’efficienza di un bradipo, si è ampliato e si sta evolvendo sulle macerie dei presidi periferici. La nascita del Dea è stata possibile limitando l’attività o chiudendo i pronto soccorso periferici e la firma del protocollo di intenti con l’Università del Salento è stata realizzata utilizzando le risorse finanziarie degli ospedali periferici per coprire l’enorme buco finanziario del “Vito Fazzi”», accusa Mancarella.

Il sindacalista è molto critico nei confronti dei vertici Asl che indicano come soluzione di tutti i mali la chiusura del reparto di Rianimazione a Casarano e dei pronto soccorso di Galatina e Copertino. «Siamo un territorio con servizi sanitari territoriali inesistenti, un’ulteriore contrazione dei posti letto per pazienti cronici e acuti esaspererà solo le tensioni sociali e aumenterà il turismo sanitario», avvisa Mancarella.

Allora, qual è la soluzione per evitare tutto questo? «Noi continuiamo a credere che le soluzioni siano assunzione di nuovo personale, riconoscimenti economici appropriati, valorizzazione dei meritevoli e non dei più supportati. In questi anni lo sfruttamento dei lavoratori della sanità salentina ha mascherato i problemi», spiega il leader provinciale dei Cobas. E invece, quale sarebbe la soluzione peggiore? «La soluzione peggiore è quella più gettonata dai vertici dell’Asl che inviano decine di ordini di servizio agli operatori per spostarli da alcuni reparti ad altri carenti di personale come i pronto soccorso. Il risultato è quello di creare un effetto domino negativo perché così sarà impossibile coprire i turni interni», avvisa Mancarella.

Il lavoro nei pronto soccorso è usurante e non attrattivo. I destinatari degli ordini di servizio non hanno mai o quasi mai lavorato nell’emergenza-urgenza e quindi non sono formati per il tipo di lavoro specifico con grave rischio per i pazienti. I Cobas evidenziano queste problematiche e vogliono sapere quali reparti saranno ridimensionati e quali iniziative saranno adottate per risolvere l’emergenza. «Per ridurre il sovraffollamento nei pronto soccorso, sarebbe necessario coinvolgere i medici di medicina generale per i codici bianchi», conclude Mancarella.

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