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Salario minimo negli appalti in Puglia, la Consulta boccia il ricorso del Governo. Emiliano: «Vittoria importantissima»

Arriva il via libera della Consulta alla normativa della Regione Puglia che ha introdotto come criterio di selezione delle ditte che partecipano a gare di appalto pubbliche quello della retribuzione oraria di almeno nove euro l'ora per i dipendenti delle imprese che aspirano a vincere i bandi. Con la sentenza depositata oggi, infatti, respingendo il…
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Arriva il via libera della Consulta alla normativa della Regione Puglia che ha introdotto come criterio di selezione delle ditte che partecipano a gare di appalto pubbliche quello della retribuzione oraria di almeno nove euro l’ora per i dipendenti delle imprese che aspirano a vincere i bandi. Con la sentenza depositata oggi, infatti, respingendo il ricorso di Palazzo Chigi contro i “paletti” fissati dalla legge regionale la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri.

Le disposizioni contestate prevedono la fissazione di una soglia retributiva minima di nove euro l’ora come criterio di selezione del Ccnl che la Regione e gli enti strumentali devono indicare negli atti di gara relativi a procedure pubbliche bandite a livello regionale. Il presidente del Consiglio ha lamentato la violazione degli articoli 36, primo comma, e 39, quarto comma, della Costituzione, in quanto le disposizioni regionali lederebbero l’autonomia della contrattazione collettiva nella fissazione delle retribuzioni; nonché, dell’articolo 117, secondo comma, nelle parti che attribuiscono allo Stato la competenza esclusiva, rispettivamente, in materia di ordinamento civile e di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, sostenendo le esigenze di uniformità e eguaglianza.

La Corte costituzionale non è entrata nel merito delle obiezioni in quanto le disposizioni regionali oggetto di contestazione non introducono un obbligo generalizzato di retribuzione minima che si imponga direttamente a tutti i contratti di lavoro privato subordinato stipulati nel territorio regionale, ma hanno un ambito di applicazione circoscritto alla sola sfera degli appalti pubblici e delle concessioni affidati dalla Regione e dagli enti strumentali. Le questioni, pertanto, sono state dichiarate inammissibili perché, rispetto a ciascuno dei parametri evocati, non sono stati prospettati profili attinenti ai beni e agli interessi di rango costituzionale che vengono in gioco nello specifico ambito delle procedure di evidenza pubblica.

Le reazioni

«La Regione Puglia – sottolinea il presidente Michele Emiliano – ha salvaguardato gli stipendi dei lavoratori impiegati negli appalti regionali. La Corte costituzionale». La Corte, aggiunge, «ha ritenuto pienamente legittima la legge regionale pugliese che ha fissato la soglia retributiva minima a salvaguardia dei lavoratori assunti dalle imprese che partecipano alle gare bandite dalla Regione Puglia e dai suoi enti strumentali. Si tratta di una vittoria importantissima: la Puglia è la prima Regione che ha tutelato le retribuzioni, in mancanza di qualsivoglia analoga tutela da parte dello Stato».

Nei prossimi anni, evidenzia il presidente eletto Antonio Decaro, «sperimenteremo questa norma a partire dagli appalti regionali e dalle concessioni affidate dalla Regione e dai suoi enti strumentali, condividendo con tutti i soggetti del partenariato socio-economico gli effetti di queste disposizioni, anche in vista di possibili estensioni. Perché un lavoro giusto, che valorizza e gratifica chi lo svolge, è anche uno strumento di forza e di competitività per le imprese». «In Puglia – conclude – ci impegniamo affinché il lavoro sia sempre giusto e adeguatamente retribuito».

Sul tema sono intervenuti anche i deputati pugliesi del Partito Democratico, Claudio Stefanazzi, Ubaldo Pagano e Marco Lacarra. «Giorgia Meloni, si sa, è la principale nemica dei diritti dei lavoratori italiani, come dimostra la sua feroce battaglia contro la legge sul salario minimo legale – hanno commentato – Una battaglia che ha portato lei e il suo Governo ad opporsi persino alla legge approvata dal Consiglio regionale pugliese che prevede la soglia retributiva minima di nove euro l’ora come criterio per poter affidare a un’azienda lavori o servizi nelle gare bandite a livello regionale. Oggi la Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibile il ricorso del Governo e dato ragione alla Regione Puglia, certificando l’ennesima pessima figura di Meloni & Co».

«Se la Meloni vuole continuare a far finta di nulla, restare sorda alle richieste di condizioni di vita migliori e cieca di fronte ai dati che condannano il nostro Paese agli ultimi posti dell’UE in termini di salari – aggiungono i deputati – è libera di farlo, saranno gli elettori, presto, a giudicarla. Ma condurre una guerra ideologica contro le Regioni e i Governatori che invece hanno a cuore la questione sociale più importante nel nostro Paese, non è solo un errore giuridico, come ha dimostrato oggi la Consulta, ma un vero e proprio accanimento ideologico contro milioni di lavoratrici e lavoratori italiani. Se per Meloni e il suo Governo il lavoro può essere soltanto sinonimo di sfruttamento e deprivazione, noi siamo felici di essere dalla parte diametralmente opposta», concludono.

«La decisione della Corte costituzionale certifica ciò che il Partito Democratico sostiene da tempo: il Governo Meloni ha impugnato una legge giusta, utile e costituzionalmente legittima, solo per ragioni ideologiche e propagandistiche» commenta invece Domenico De Santis, segretario del Pd Puglia, che ribadisce: «Mentre milioni di persone faticano ad arrivare a fine mese, la destra continua a opporsi a ogni misura che rafforzi la dignità del lavoro, dagli appalti pubblici al salario minimo nazionale. La sentenza della Consulta dimostra che si può intervenire nel rispetto della Costituzione, se c’è la volontà politica di farlo».

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