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Politica Puglia

Regione Puglia, la carica dei consulenti: 800 incarichi tra saggi ed esperti

Continua a tenere banco alla Regione Puglia la legge antitrombati licenziata a fine dicembre dopo che era stata esclusa e poi reinserita nel bilancio. Un testo che ha innescato uno scontro istituzionale senza precedenti fra i presidenti Emiliano e Capone con il primo che ha denunciato in Procura la seconda dopo la correzione dell’errore sulla votazione nella maratona del 18 dicembre. Adesso i partiti sono al lavoro per fare marcia indietro. Così com’è, infatti, la legge a firma della consigliera Cinque Stelle Antonella Laricchia sui criteri delle nomine regionali ingessa le prerogative del presidente della giunta e, di fatto, ha bloccato qualsiasi possibilità di indicare nomi in enti partecipati, agenzie ed Asl pugliesi.

La via d’uscita

Per uscire dall’impasse il Pd propone il modello Bari. Linee guida adottate in accordo fra Pd e pentastellati che hanno appoggiato un testo promosso dal professor Nicola Grasso, assessore della giunta Leccese. Rispetto alla norma regionale le nomine del sindaco sono vincolate alla scelta da un albo di candidati ispirato a criteri di meritocrazia, onorabilità e rispetto della parità di genere. Un’ipotesi rispedita al mittente dalla Laricchia sulla quale nessuno dei partiti s’è finora espresso. Anche perché la legge della discordia s’ispira a quella della Toscana dove le procedure di nomina sono in parte disciplinate dallo Statuto. La variante pugliese prevede la possibilità per 100 cittadini, gruppi politici, sindacati e associazioni di categoria di proporre candidature su requisiti di onorabilità e professionalità con albi pubblici e valutazioni da parte delle commissioni e del consiglio regionale che in ultima analisi indica materialmente i candidati.

Altre proposte, in particolare quella di Azione, punta a introdurre un meccanismo semplificato che attribuisce al presidente della giunta le stesse prerogative attuali di assumersi la responsabilità degli organi politici di indirizzo e di gestione, mentre affida al consiglio regionale le nomine degli organismi di controllo.

Il conteggio

Nel frattempo qualcuno nei palazzi regionali s’è preso la briga di conteggiare il numero complessivo delle nomine che si effettuano nel corso di una legislatura. Un’operazione non da poco, certamente non esaustiva, considerando le centinaia di leggi in materia, alcune delle quali non più in vigore, altre disapplicate. Sia come sia secondo i calcoli il pacchetto di nomine s’aggira su una cifra astronomica: circa 800 incarichi spalmati in circa 350 fra enti ed organismi. Il 60% delle nomine prevede compensi o rimborsi spese, la restante parte è a costo zero.

Si va da poche migliaia di euro fino ai 120 mila euro per gli stipendi dei direttori di dipartimento o i componenti del nucleo di valutazione, ma anche i manager delle aziende sanitarie, passando per i circa 100 mila euro, fra presidenti e componenti, dei Cda di Acquedotto pugliese o Aeroporti di Puglia. E poi la pletora di agenzie: Arpa, Arti, Arif, Puglia Promozione, Asset, Arca Puglia, Adisu. Ci sono organismi ed enti affidati ad un solo rappresentante che in alcuni casi – la consulta femminile – arrivano a 64 membri. Non bastavano gli amministratori unici di recente sono stati reintrodotti i consigli di amministrazione con aggiunta di revisori dei conti, organismi di valutazione. Per non parlare di comitati, osservatori, gruppi di lavoro, task force e saggi.

Si passa dalla sanità all’agricoltura, all’industria, agli stati di crisi, alle emergenze come la xylella fastidiosa. Fra le centinaia di organismi, davvero troppi e di certo dispendiosi, spiccano commissioni più goderecce come quella per la degustazione dei vini o incarichi minori come componente della Fondazione Banca San Paolo. Una sfilza di affidamenti che al momento è quasi tutto in mano al capo del governo regionale, il presidente Emiliano.

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