Tutti sanno, in molti lo hanno firmato, ma nessuno ne vuole parlare in consiglio regionale del ritorno in auge del famigerato Trattamento di fine mandato, cioè la liquidazione per assessori e consiglieri regionali. Una misura riproposta per ben quattro volte da 2021 in poi, ma puntualmente cancellata sull’onda dell’indignazione popolare e della moral suasion dei leader politici, dal governatore Michele Emiliano al presidente Giuseppe Conte, passando per la segretaria dem Elly Schlein, finendo con Cgil e Confindustria che negli anni scorsi hanno bloccato il bonus di fine mandato.
Si badi bene, un diritto acquisito di ogni lavoratore, politici compresi, riconosciuto in tutte le regioni ad eccezione della Puglia dove le trame segrete per l’introduzione del beneficio finiscono per trasformarlo in un abuso. E così anche stavolta, alla vigilia del bilancio, un gruppo ristretto di pasdaran del Tfm sta lavorando per reintrodurre la liquidazione da circa 35mila euro a testa per ognuno degli inquilini del palazzo come premio per la singola legislatura svolta.
La strategia
Il punto è come procedere per far passare una misura a dir poco impopolare in una fase di crisi economica acuta fra licenziamenti a go go ed interi comparti falcidiati dalla congiuntura come l’automotive. L’ipotesi iniziale prevedeva il solito emendamento galeotto da infilare di soppiatto al bilancio di previsione. Ma c’è chi ha eccepito la modalità, rivelatasi poco efficace in passato. E così ecco spuntare la soluzione alternativa.
Un ordine del giorno per obbligare l’ufficio di presidenza guidato dalla presidente Loredana Capone a recepire l’accordo della conferenza stato regioni del sei dicembre 2012. Eravamo in clima di austerità con il governo Monti dell’epoca che chiese sacrifici alle regioni a cui fu imposto il taglio dei benefit, a partire dal numero degli eletti e passando per la cancellazione del vitalizio, la cosiddetta pensione a vita. L’unico “privilegio” che superò la buriana fu proprio il trattamento di fine mandato. Tutte le Regioni lo lasciarono intatto ad eccezione della Puglia che lo eliminò ex abrupto.
Lo scenario
Oggi, com’è accaduto negli ultimi anni, i proponenti puntano a superare questa disparità di trattamento obbligando l’ufficio di presidenza a recepire quell’accordo nazionale della stato regioni. L’ordine del giorno è finalizzato a rimettere la questione del recepimento all’ufficio di presidenza, ma va approvato per legge (per il tramite di un emendamento al bilancio o nelle sedute successive del 2025) e ciò in quanto un’altra legge a luglio 2024 cancellò l’ultima versione del Tfm.
Nella nuova è prevista la possibilità di rinuncia per ogni singolo consigliere, l’aumento dell’auto tassazione, ed è ancora in forse se inserire o meno la retroattività al 2013. L’accordo finale potrebbe escludere la retrodatazione per limitare la liquidazione alla sola legislatura in corso e ridurre la spesa complessiva con fondi già accantonati.