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Regione Puglia, dem compatti contro Laricchia: lunedì il vertice di maggioranza

È fissata per lunedì prossimo nella sede di via Gentile la riunione di maggioranza per dipanare il caso Laricchia. L’emendamento al bilancio che stravolge le procedure di nomina in enti, agenzie e Asl pugliesi, sottoponendole a un iter di merito e trasparenza, antipartitico che di fatto svuota le prerogative del presidente Emiliano. Una norma che…
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È fissata per lunedì prossimo nella sede di via Gentile la riunione di maggioranza per dipanare il caso Laricchia. L’emendamento al bilancio che stravolge le procedure di nomina in enti, agenzie e Asl pugliesi, sottoponendole a un iter di merito e trasparenza, antipartitico che di fatto svuota le prerogative del presidente Emiliano. Una norma che a fine dicembre ha aperto un durissimo scontro istituzionale fra le due massime cariche regionali: il governatore e la presidente del consiglio Loredana Capone, quest’ultima denunciata per falso da Emiliano alla Procura di Bari.

All’origine del clamoroso dissidio la presenza nel bilancio 2025 della legge Laricchia, respinta dall’aula, che il presidente Emiliano ha promulgato segnalando alla magistratura il presunto falso contenuto fra i due testi della manovra finanziaria: quella votata in aula senza il comma Laricchia, escluso per errore a seguito di mancanza del quorum di 26 voti – non richiesto per le leggi non finanziarie come quella a firma della grillina, e quello firmato da Emiliano.

La tensione

Lo strappo non è stato ricucito nel vertice del gruppo Pd tenuto l’altro giorno in presidenza nonostante il faccia a faccia fra i due protagonisti rimasti praticamente sulle loro posizioni. Da qui la soluzione politica stabilita dal Pd: cancellare la legge Laricchia con un’altra proposta di legge. E ciò in contrasto con la battaglia della proponente grillina che proprio l’altro ieri ha lanciato un appello alla segretaria nazionale Schlein. Il Pd vuol proporre agli alleati il protocollo Grasso, ovvero le linee guida approvate dal Comune di Bari su iniziativa del professor Nicola Grasso, assessore alla Legalità dei cinque stelle della giunta Leccese con norme puntuali su competenza, pendenze con l’amministrazione e controlli durante il mandato con un albo pubblico da cui attingere. Un testo che dovrebbe essere appoggiato dai quattro consiglieri Cinque stelle regionali che, a sorpresa, ieri hanno detto no.

La dichiarazione

«Abbiamo condiviso la norma sulle nomine, approvata recentemente dalla Regione Puglia, perché è un impegno preso con i cittadini che rientra nel Patto per la Legalità fortemente voluto dal Movimento 5 Stelle per garantire trasparenza e meritocrazia», hanno annunciato il senatore e vicepresidente M5s, Mario Turco, e il deputato M5s e coordinatore regionale Puglia, Leonardo Donno. Una replica indiretta alle dichiarazioni di fuoco del segretario dem Domenico De Santis e del capogruppo Paolo Campo, che dopo l’incontro in presidenza avevano definito la legge Laricchia «un ritorno alla prima Repubblica con la spartizione delle nomine in consiglio regionale in base ai desiderata dei partiti e contro i poteri di scelta affidati per legge al presidente della giunta».

Da qui la ferma volontà dei Cinque Stelle di non partecipare al tavolo politico di lunedì prossimo. Un appuntamento decisivo in cui la maggioranza, spaccata sulla legge antitrombati, è chiamata a ritrovare compattezza dopo che il testo contestato è passato grazie ai franchi tiratori di Azione insieme ai consiglieri Mazzarano e alle astensioni dei colleghi Maurodinoia e Di Gregorio. In questo clima una ricomposizione appare quasi impossibile con il risultato concreto di paralizzare le nomine regionali, in particolare il pacchetto dei 13 incarichi da affidare nei nuovi Cda, istituiti con il bilancio, nelle agenzie Arpa, Arif, PugliaPromozione e Arca Puglia.

Nel frattempo la presidente Capone ha convocato per martedì 15 gennaio la conferenza dei capigruppo dove fissare la data del prossimo consiglio regionale in cui sarà comunicata all’aula, in base all’articolo 48 del regolamento, la correzione dell’errore formale della legge Laricchia adottata dall’ufficio di presidenza con la quale è stata modificata la dichiarazione di voto rendendo di fatto effettiva l’entrata in vigore dei 28 articoli della legge della discordia.

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