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Regionali in Puglia, l’era Emiliano giunta in finale: luci e ombre del suo mandato

Michele Emiliano in queste ore sta raccogliendo le sue cose dall’ufficio, con affaccio sull’Adriatico, sul Lungomare Nazario Sauro, in quello che formalmente è l’ultimo giorno da presidente della Regione Puglia, anche se resterà in carica fino all’insediamento ufficiale del nuovo presidente. Fu eletto nell’ormai lontano 2015 con quasi 800mila voti. Da quel 31 maggio la politica italiana ha attraversato almeno tre ere geologiche: il renzismo, il grillismo, il melonismo.

Mentre tutto scorreva, Emiliano è rimasto lì, osservando, spesso partecipando, a volte anticipando scenari politici futuri: come nel caso dell’intuizione di considerare il Movimento 5Stelle un interlocutore per il centrosinistra e per il Partito democratico con cui dialogare e allearsi.

Negli anni dei suoi mandati ha dovuto affrontare, tra le tante criticità, i drammi della Xylella e dell’ex Ilva, l’assalto delle Trivelle e il Tap, il Covid, la centrale di Cerano, le guerre, interloquendo con sei governi nazionali e cinque presidenti del Consiglio.

A lui si deve, fra l’altro, il miglioramento dei conti nella sanità regionale e il posizionamento della Puglia – fra le prime nove regioni – nella classifica dei livelli essenziali di assistenza. La Puglia ha anche registrato una notevole crescita del Pil, il doppio di quella italiana, e fra le più avanzate nella transizione energetica. Lascia oggi una Puglia, ha recentemente affermato, «profondamente cambiata, ma fedele alla sua anima più autentica di terra di Pace e di accoglienza. In un mondo segnato da conflitti e divisioni, la regione è rimasta un luogo in cui chi arriva trova rispetto, speranza e opportunità; che si tratti di turisti, investitori o persone in fuga da situazioni difficili, la Puglia sa farli sentire a casa».

Il lascito politico è a disposizione del vincitore con le istruzioni per l’uso messe a punto in questi dieci anni, per quel centrosinistra che vorrebbe sconfiggere Giorgia Meloni, tra meno di due anni alle elezioni politiche. Una strategia, quella di Emiliano, che parte, proprio nel 2015 quando inventa la lista «Sindaco di Puglia», in cui confluiscono le prime personalità non strettamente legate al centrosinistra.

È, però, in occasione della riconferma alle elezioni di settembre 2020, in piena pandemia, quando il «gladiatore», pur schiacciato da sondaggi sfavorevoli nei confronti dello sfidante di centrodestra, Raffaele Fitto, dà vita a «Con», creatura politica civica dove affluiscono personalità differenti e in cui -nel corso della legislatura – accoglie anche transfughi dal centrodestra. Un esperimento civico regionale che oggi vede in Alessandro Onorato, assessore al Comune di Roma, una mutazione nazionale.

È questo il messaggio politico più esplicito dei dieci anni del governatore Emiliano: non escludere, ma includere; aggiungere e non sottrarre; allargare e coinvolgere. Seguendo appunto, quella filosofia dell’accoglienza che egli considera «l’essenza della Puglia» e che gli ha permesso di azzerare sostanzialmente il dissenso in Regione.

«Il trasformismo – ha spiegato nel suo ultimo comizio a Foggia -nella storia d’Italia si afferma quando qualcuno si fa eleggere con un partito e poi una volta eletto sostiene la forza politica opposta. Quando invece, come abbiamo fatto noi, coinvolgiamo altri nel nostro progetto politico e condividiamo prospettive e scelte, lo abbiamo fatto con trasparenza». Da lunedì. si chiude un’epoca, se ne apre un’altra.

Ma non è affatto detto che il governatore voglia uscire di scena. Tutt’altro ha già risposto a chi lo voleva già in pensione – come lo stesso candidato presidente aveva detto scherzosamente – che non ha nessuna intenzione di andarci.

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