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Referendum, in Puglia il voto divide la maggioranza di centrosinistra

Si avvicina l’appuntamento elettorale con i referendum su lavoro e cittadinanza dell’8 e 9 giugno. I cittadini saranno chiamati alle urne per esprimersi su cinque quesiti. Nello specifico, l’abrogazione di uno dei decreti del Jobs Act che riguarda il contratto a tutele crescenti, il cui obiettivo è ripristinare la possibilità di reintegrare il lavoratore nel suo posto di lavoro nei casi di licenziamento illegittimo. Il quesito sulle indennità per i licenziamenti nelle piccole imprese, che mira a eliminare il tetto massimo nelle aziende con meno di 15 dipendenti.

Vi sono poi i contratti a termine, per i quali si propone l’abrogazione di alcune norme che regolano la possibilità di instaurarli e le condizioni per proroghe e rinnovi. Quarto quesito sulla responsabilità solidale negli appalti, in cui viene chiesta l’abrogazione della norma che esclude la responsabilità solidale del committente dell’appaltatore e del subappaltatore per gli infortuni sul lavoro derivanti dai rischi specifici nell’attività delle imprese. Infine la cittadinanza: l’obiettivo è dimezzare da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale richiesto agli stranieri maggiorenni prima di poterla richiedere.

Le posizioni differenti

Fino dal primo momento, la consultazione sui temi del lavoro e soprattutto sulla volontà di abrogare alcune disposizioni del Jobs Act, appoggiata dal Pd di Elly Schlein e dai pentastellati di Conte, aveva visto la contrarietà dei riformisti. La perplessità di questi ultimi riguarda soprattutto un paventato “ritorno al passato” e a norme sul lavoro che ormai sono ritenute desuete. Una contrarietà che si ripropone, stando alle prime dichiarazioni di intenti, anche all’interno della maggioranza del Consiglio regionale pugliese.

A sostenere il sì convito a tutti e cinque i quesiti, il consigliere del Partito democratico Pierluigi Lopalco: «L’abrogazione di norme emanate nel jobs Act è sicuramente motivo di dibattito interno nel Pd, che all’epoca lo approvò, io personalmente credo che nell’attuale situazione, vada messa da parte qualsiasi posizione ideologica perché oggi quella legge approvata anni fa crea un danno al mondo del lavoro. Il lavoro povero è un problema serissimo per tanti, soprattutto giovani che non hanno accesso a tante tutele fondamentali. Con questo referendum vogliamo dare un segnale».

Diversa la posizione dell’assessore al Bilancio Fabiano Amati che voterà no sul lavoro e sì soltanto al quesito sulla cittadinanza. «La mia posizione negli anni e rispetto ad allora non è cambiata. Il Jobs Act all’epoca fu approvato dal mio partito il Pd. Oggi non ci sono le condizioni per un ritorno al passato». Quattro no al lavoro e sì alla cittadinanza anche da parte del capogruppo di Azione in Consiglio Ruggiero Mennea, fedele alla linea dettata dal partito nazionale.

«Sul licenziamento illegittimo, che mira a ripristinare il reintegro dei licenziati per giusta causa, è un no perché le norme che ci sono ora sono differenti da quelle approvate nel periodo in cui fu deliberato il Jobs Act. La Corte costituzionale è infatti intervenuta in diverse occasioni modificando quella disciplina: non esiste più il Jobs Act come era stato approvato da quel governo. Non ha più senso tornare al passato ma adeguarsi alla disciplina corrente».

Il voto all’indennità per i licenziamenti alle piccole imprese «avrebbe dei profili di incostituzionalità», mentre sui contratti a tempo determinato si «andrebbe a fornire un modello di contratto a termine che non consentirebbe alle imprese di agire con flessibilità».

I pentastellati

Compatto sul voto, invece, il gruppo in Consiglio regionale del Movimento 5 stelle, che nonostante non sia più in maggioranza voterà con quattro sì ai quesiti del referendum sul lavoro (come indicato anche dal coordinamento nazionale del partito) e liberamente secondo “coscienza” sulla cittadinanza. Voto favorevole ma con riserva sul quesito sulla responsabilità negli appalti (approfondire se la cosa potrà coinvolgere i privati) e sulla cittadinanza (si ma da normare, con per esempio richieste linguistiche e/o approfondimenti sulla condotta), da parte della consigliera a Cinque stelle Antonella Laricchia.

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