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Referendum, parla De Santis (Pd Puglia): «Il Jobs Act? Un errore al quale rimediare» – L’INTERVISTA

Raggiungere il quorum, il prossimo 8 e 9 giugno, non sarà facile. Domenico De Santis, segretario pugliese del Partito democratico, ne è consapevole. «La battaglia è dura - spiega - ma il Jobs Act è stato un errore e adesso il partito è impegnato a ricucire il rapporto coi lavoratori dipendenti». Segretario, molti sostengono che…
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Raggiungere il quorum, il prossimo 8 e 9 giugno, non sarà facile. Domenico De Santis, segretario pugliese del Partito democratico, ne è consapevole. «La battaglia è dura – spiega – ma il Jobs Act è stato un errore e adesso il partito è impegnato a ricucire il rapporto coi lavoratori dipendenti».

Segretario, molti sostengono che il quorum non sia raggiungibile: che ne pensa?

«La battaglia è sicuramente dura, ma è anche un’occasione per dimostrare quanto sia grande in questo Paese il fronte di coloro che vogliono impegnarsi per contrastare le diseguaglianze. Sono quesiti su diritti sociali e civili: per prima cosa stiamo facendo informazione. I referendum sono sempre un’opportunità per far valere la propria opinione ed è innanzitutto per questo che bisogna andare a votare. Stiamo raccontando le ragioni dei nostri Sì in una marea di iniziative in tutta la Puglia».

Perché questo referendum è tanto importante per il Pd?

«Il governo di destra non guarda al dramma del lavoro povero, dei diritti negati, delle famiglie in difficoltà. Gira la testa dall’altra parte o inventa soluzioni temporanee e che non tengono conto della complessità di diseguaglianze che ormai sono cristallizzate. Servono politiche di lungo periodo. Serve riaffermare i diritti dei lavoratori. Serve rimettere al centro il valore della persona in un orizzonte collettivo. È su questo che si gioca la partita dell’8 e del 9 giugno».

Molti esponenti del Pd che a suo tempo votarono il Jobs Act all’epoca del governo Renzi – penso a Orlando, Bersani e Speranza – adesso vogliono abrogarlo: non c’è il rischio di perdere credibilità?

«Personalmente sono sempre stato all’opposizione di Renzi nel Pd. Il Jobs Act è stata una di quelle norme che ci ha allontanato dal mondo del lavoro consegnando il mondo operaio ad altre forze politiche. Il nuovo corso di Elly Schlein ha chiesto scusa per quell’errore e ora stiamo ricucendo il nostro rapporto con il mondo degli operai, dei lavoratori dipendenti».

Intanto il sindaco napoletano Manfredi ha annunciato che si asterrà, quello milanese Sala si nasconde dietro mille distinguo: non correte il pericolo di creare una frattura tra riformisti e area Schlein?

«Non vedo questo rischio. La prova del fatto che non c’è alcuna rottura risiede nella compattezza totale del Partito all’indomani dell’elezione di Elly Schlein. Stefano Bonaccini per primo, assieme ai principali dirigenti, parlamentari e amministratori locali che lo hanno sostenuto, ha sostenuto con forza la segretaria. Possono esserci alcune divergenze di metodo, ma la solidità della piattaforma politica e la coesione del gruppo dirigente nazionale non sono in discussione».

L’esito del referendum, qualunque esso sia, avrà ripercussioni sugli equilibri politici pugliesi?

«No. Lo diciamo da tanti anni: la Puglia ha un sistema politico un po’ diverso dal resto del Paese. Non è l’esito di una battaglia, per quanto importante, a indebolire la storia di questi 20 anni di governo del centrosinistra in una terra che fino a poco prima era considerata “l’Emilia nera”. La stessa storia che vogliamo portare avanti, continuando a migliorare noi stessi e la nostra bellissima Regione».

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