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Reddito e disuguaglianze: «Il Pnrr? Rischia di essere un’occasione persa al Sud»

Disuguaglianze economiche che si manifestano in diverse dimensioni: reddito, ricchezza, accesso ai servizi, istruzione, sanità e trasporti, disuguaglianze tra persone e gruppi sociali (genere, cittadinanza, tra territori e tra quartieri all’interno delle città). È il tema della due giorni in corso da ieri nel capoluogo pugliese dove sono riuniti economisti provenienti dalle più prestigiose università…
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Disuguaglianze economiche che si manifestano in diverse dimensioni: reddito, ricchezza, accesso ai servizi, istruzione, sanità e trasporti, disuguaglianze tra persone e gruppi sociali (genere, cittadinanza, tra territori e tra quartieri all’interno delle città). È il tema della due giorni in corso da ieri nel capoluogo pugliese dove sono riuniti economisti provenienti dalle più prestigiose università del mondo in un workshop internazionale organizzato dal Dipartimento di Economia e Finanza di Uniba in collaborazione con il Luxembourg Institute of Socio-Economic Research e il Dipartimento di Economia e Diritto dell’Università La Sapienza di Roma.

Il dibattito

Al centro della riflessione il legame tra le disuguaglianze e i processi di crescita e di sviluppo dei territori e delle economie più in generale. Pur essendo posto sotto la lente di ingrandimento da tutta la comunità scientifica negli ultimi trent’anni, il tema delle disuguaglianze in questi ultimi anni torna prepotentemente al centro perché si è compreso come la maniera in cui le opportunità si distribuiscono tra individui e gruppi sociali, ha un impatto sulle potenzialità di crescita dell’economia e viceversa.

«Le radici storiche delle disuguaglianze nel nostro paese hanno a che fare con lo sviluppo del capitale umano, l’istruzione», secondo il professor Alberto Basin della New York University che ha aperto il workshop con una relazione sulle cause storiche della Questione meridionale, ben lontana dall’essere archiviata.

I dati

A supportare il ragionamento i numeri. Secondo gli ultimi dati dell’Istat e della Banca d’Italia, nel Mezzogiorno il reddito medio disponibile delle famiglie è inferiore di oltre il 35% rispetto al Nord; il tasso di abbandono scolastico supera il 16%, contro l’11% della media nazionale; la ricchezza netta media per famiglia è meno della metà di quella del Nord. Un divario che non è frutto del caso, ma affonda le radici in fattori storici, strutturali cui solo in minima parte ha tentato di porre rimedio lo slancio economico e lo sviluppo industriale del dopoguerra.

Scarso investimento in infrastrutture pubbliche e trasporti; un tessuto produttivo debole, le migrazioni, sottofinanziamento dell’istruzione e minore accesso ai servizi essenziali hanno nel tempo allargato la forbice dei divari territoriali e di quelli tra nord e sud del Paese.

«Dai quali – continua Basin – la Puglia esce sicuramente come la regione più dinamica economicamente. Non sono un esperto di Puglia, ma ciò che emerge chiaro è che parliamo di una regione che ha fatto del turismo il suo petrolio, l’asset più importante del suo sviluppo. Credo che abbia fatto benissimo in questi anni ad investire su questo settore, però il turismo porta crescita limitata, non è un settore trainante. Oggi per crescere bisogna sviluppare il settore delle tecnologie avanzate».

L’analisi

La riflessione di apertura del convegno sulle disuguaglianze è stata affidata al direttore del dipartimento di Economia e Finanza di Uniba Vito Peragine. «Se volessimo guardare gli ultimissimi anni abbiamo assistito ad un processo di convergenza del Mezzogiorno con il resto d’Italia guidato principalmente dal peso della spesa pubblica, generato dalla reazione alla crisi pandemica e alla conseguente crisi economica. Entrambe le crisi sono state affrontate con una grossa immissione di spesa pubblica. E questo per forza di cose ha generato un processo di convergenza. Ora siamo in una fase, secondo la relazione della Banca d’Italia di qualche giorno fa, in cui questo effetto sta scemando. Quindi le prospettive a medio e lungo termine, certo, dipenderanno un po’ da fattori di economia globale e un po’ da fattori tutti interni al nostro Paese. Molte aspettative sono legate agli effetti del PNRR che, qualora non dovesse incidere sulla produttività come si auspica faccia, sarà un’altra occasione persa».

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