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Puglia, tensioni in maggioranza allontanano la modifica della legge “anti-Decaro” ma i sindaci scelgono di non dimettersi

Le elezioni regionali del 2020 si sono celebrate il 20 settembre, di conseguenza il 20 prossimo marzo scadrà il termine per le dimissioni dei sindaci o dei presidenti di Provincia intenzionati a correre per il consiglio di via Gentile a Bari. È quanto prevede l’emendamento approvato durante la sessione di bilancio subito ribattezzato “norma anti-Decaro”, visto che il candidato presidente in pectore del centrosinistra ha in animo di allestire una lista di amministratori locali.

Niente dimissioni

In pratica, come afferma il primo cittadino di Gallipoli, Stefano Minerva, «si tratta di commissariare il proprio Comune per un anno e mezzo e questo non fa bene alla città che si amministra e ai cittadini e quindi non mi dimetto». Il no alle dimissioni è confermato da altri potenziali candidati come la presidente regionale dell’Anci e sindaco di Bitetto, Fiorenza Pascazio: «Non l’ho fatto e non lo farò», afferma in modo tranchant. Stessa annotazione da parte di Pino Giulietto, primo cittadino di Bitritto: «Nessuno dei sindaci si dimetterà per rispetto delle proprie comunità, mi auguro che la Corte Costituzionale acceleri i tempi sul ricorso presentato dal Governo». «Per ora è legge – ricordano dalla presidenza del Consiglio regionale – e quindi si dovrà applicare». A meno che il corto circuito sulle modifiche alla legge elettorale, che ha coinvolto anche la possibile abrogazione della norma, non venga risolto.

Le modifiche

Secondo i rumor di via Gentile il braccio di ferro riguarda lo sbarramento per le elezioni del Consiglio e la richiesta, giunta dai rappresentanti delle liste civiche Con e Per la Puglia sul tavolo del Pd, di ancorare la ripartizione dei seggi non già ai voti validi ottenuti dal candidato presidente così com’è ora, ma ai voti validi ottenuti dalle liste. Tutto ciò blocca anche la modifica della norma sulla candidabilità dei sindaci. Anche se, si spiega, su questa norma «tutti convergono per modificarla. Non già, però, riportando il countdown delle dimissioni a 30 giorni prima della data fissata per le elezioni come era prima della modifica di dicembre, ma a 45 e forse a 60». Prima, però, si devono approvare le modifiche alla legge elettorale.

La doppia preferenza

Uno stallo che coinvolge anche la cosiddetta doppia preferenza di genere obbligatoria, su cui si aspetta anche qui un intervento del Governo. Un duro scontro che diventa sempre più rischioso, visto che il tempo scorre e i margini per consentire un accordo nella maggioranza di centrosinistra, atteso che il centrodestra non sembra disposto a dare una mano al Pd, avendo già detto che per loro «la legge elettorale può restare così com’è», sono sempre più stretti, a meno che la legislatura non finisca anzitempo.

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