Decine di primi cittadini, arrivati dalle sei province pugliesi, si sono dati appuntamento nell’agorà del Consiglio regionale, in via Gentile a Bari, per opporsi alla norma “anti-sindaci” che impone loro, in caso di candidatura alle prossime elezioni regionali, le dimissioni 180 giorni prima della fine della legislatura.
La norma è stata impugnata dal Governo centrale perché “incomprensibile” e ora i sindaci pugliesi chiedano che venga modificata o cancellata.
«Non ci saremo più nelle occasioni in cui serve mettere in vista le nostre fasce. Perché quando noi abbiamo provato a chiedere aiuto ai consiglieri regionali, non ci hanno risposto. Questa volta decidiamo noi», ha affermato nel corso del sit-in la presidente dell’Anci Puglia, Fiorenza Pascazio.
Tra i primi cittadini, tutti con le fasce tricolore, c’era anche il sindaco di Bari, Vito Leccese, promotore di un documento firmato dai colleghi che sarà protocollato al Consiglio regionale ma che resterà anche esposto nell’agorà «così quando i consiglieri arrivano qui, potranno ricordarsi di noi».
Per Leccese si tratta di «una battaglia per rivendicare il diritto di essere trattati come tutti i cittadini. Prima che la Corte costituzionale si esprima, vorremmo che il Consiglio regionale trasformasse l’ineleggibilità in incompatibilità come avviene per tutte le altre cariche istituzionali». Ad essere fortemente contestato è anche il fatto che la norma sia stata votata a scrutinio segreto. «I consiglieri regionali – ha proseguito Leccese – non ci hanno messo neanche la faccia perché hanno votato a scrutinio segreto. Nelle assemblee elettive il voto palese è la regola perché tutti devono sapere come votano i propri rappresentanti all’interno delle istituzioni. Non ci mettono la faccia ma saranno gli stessi che chiederanno i voti ai sindaci».
A oggi, ha aggiunto Pascazio, «nessun sindaco si è dimesso perché ci sono troppe incognite, non si ha una data delle votazioni regionali, non si sa questi sei mesi da quando vanno fatti decorrere ma in teoria ci siamo già, sarebbe ingiusto compromettere il lavoro fatto in questi anni nei nostri comuni».
La mediazione che il Pd sta proponendo alle forze politiche di maggioranza e opposizione è di abbassare a 60 giorni il termine delle dimissioni.
Nicola Gatta, sindaco di Candela, fa sapere che «nonostante l’emendamento sia stato presentato dai consiglieri di centrodestra, dal mio partito Fratelli d’Italia c’è la volontà di modificare questa norma, ma aspettano una mossa dalla maggioranza». Per Toni Matarrelli, sindaco di Mesagne «non siamo al mercato, a me non interessa personalmente la norma, rappresento i sindaci ma non c’è da mercanteggiare un bel nulla. È il principio che non può essere condiviso, anche un consigliere regionale o un assessore hanno un vantaggio rispetto a un cittadino che non si è mai candidato e allora perché vale solo per noi?».