Puglia, lo strappo con i calendiani rischia di paralizzare la Regione

Rischia di allargarsi all’intera maggioranza lo strappo creatosi con Azione dopo la nomina di Fabiano Amati ad assessore al Bilancio. Il leader centrista Carlo Calenda s’è chiamato fuori dalla Giunta regionale e ha assicurato l’appoggio esterno pur non chiudendo del tutto la porta al centrosinistra e al governatore Michele Emiliano. Un passaggio colto al volo dal segretario regionale del Pd, Domenico De Santis, che s’è messo a capo degli sherpa a ricucire con i calendiani.

Lo scenario

L’operazione, però, s’annuncia tutt’altro che semplice. La “promozione” di Amati in Giunta, infatti, crea un effetto domino nel quadro del sottogoverno e nei rapporti interni. A partire dalla presidenza della prima Commissione Bilancio, lasciata dal neo-assessore dopo otto anni di guida ininterrotta. Al posto di Amati ambisce alla presidenza della Commissione il consigliere Saverio Tammacco, esponente della civica Per la Puglia, che sarebbe rientrato nelle trattative del “rimpastino”. Di traverso, però, c’è il gruppo del Pd al quale, in base agli accordi interni alla maggioranza, spetta la nomina del leader della Commissione Bilancio promessa all’ex capogruppo Filippo Caracciolo.

La paralisi

Da qui lo stallo annunciato per le prossime sedute della Commissione Bilancio. Non a caso quella in programma oggi è saltata per essere rinviata a data da destinarsi. E il gelo calato nei rapporti con Azione potrebbe minare gli equilibri in prima Commissione a pochi giorni dall’apertura della sessione di bilancio. Al posto di Amati, infatti, nell’organismo consiliare è finito il capogruppo di Azione, Ruggero Mennea: un ingresso che annulla il primato dei numeri per la maggioranza visto che centrodestra e centrosinistra avranno sei scranni a testa. Il “pareggio” non lascia presagire nulla di buono considerando le leggi in cantiere: quella sui siti energetici e gli emendamenti sull’urbanistica che riguardano le ristrutturazioni nei parchi regionali di Costa Ripagnola e Mar Piccolo. Stesso dicasi per le sedute di Consiglio dove i voti di Azione e dei Cinque Stelle tornano a essere decisivi.

I numeri

Attualmente il presidente Emiliano può contare su 25 voti certi, uno in meno del quorum assoluto necessario per approvare il bilancio. Ci sono poi i sette voti “ballerini”: quattro Cinque Stelle (Galante, Casili, Barone e Di Bari), due calendiani (Mennea e Clemente) e uno di Italia Viva (Stellato). L’opposizione, invece, conta su 19 voti utili. Una distanza risicata considerando le insidie della maratona di bilancio.

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