A dieci giorni dal voto, la Puglia non sa ancora che volto avrà il nuovo Consiglio regionale. Una situazione paradossale, ma tutt’altro che imprevedibile: è l’eredità di una legge elettorale considerata da molti «farlocca», incapace di garantire rappresentanza e trasparenza.
A metterlo nero su bianco è l’ex assessore regionale, Alfonso Pisicchio, che proprio alla fine della penultima legislatura tentò – invano – di promuovere una riforma radicale delle regole del voto. Oggi, numeri alla mano, i suoi timori diventano realtà. Il rebus dei seggi è esploso a urne chiuse, quando è emerso un quadro che definire sbilanciato è poco: le province più piccole pesano più del dovuto, quelle più grandi decisamente meno. La distorsione della rappresentanza, spiegano i tecnici, non è un dettaglio, ma un vulnus per la democrazia regionale.
I numeri parlano da soli. Bari, con i suoi 1,2 milioni di abitanti, incassa solo 9 seggi: sette in meno rispetto ai 16 che le spetterebbero in proporzione. Lecce – 775 mila residenti – si ferma a nove, uno in meno del previsto. Foggia, invece, ne totalizza dieci, cioè tre in più del dovuto. Ma il caso più clamoroso è quello della Bat, che con meno di 380mila abitanti conquista otto consiglieri, tre oltre la soglia naturale. Rispetta gli equilibri solo Brindisi (cinque eletti), mentre Taranto guadagna un seggio extra arrivando a otto. Un Consiglio non rappresentativo, dunque, e per giunta scelto da una minoranza molto ristretta. La Puglia ha registrato l’affluenza più bassa d’Italia: il 41% ufficiale si riduce al 39,1% reale, sottraendo oltre 38 mila schede bianche e nulle. Tradotto: sei pugliesi su dieci non hanno votato.
A tutto questo si aggiunge l’anomalia della soglia di sbarramento, fissata al 4%, la più alta d’Italia e una delle più alte in Europa. Ma c’è di più: la soglia è stata calcolata sui voti validi dei candidati presidenti e non su quelli delle liste. Il risultato è stato un innalzamento implicito dell’asticella, basata sui voti del governatore eletto Antonio Decaro. Effetto finale: 108 mila voti completamente cancellati, quelli espressi ad Alleanza Verdi-Sinistra e Avanti Popolari.
Un colpo durissimo alla rappresentanza politica e, sottolinea Pisicchio, un colpo anche alla trasparenza: «Agli elettori – dice -non è stata data la possibilità di conoscere in anticipo le reali regole d’ingresso, una violazione evidente dei principi di regolarità del voto».
Per l’ex assessore, la soluzione è una sola: riscrivere tutto, subito. E la legislatura che si apre, nelle parole del nuovo governatore, sarà costituente. «Mi auguro sia davvero così – afferma Pisicchio – e che il Consiglio vari immediatamente una riforma elettorale in grado di garantire una ripartizione dei seggi basata sulla popolazione, l’abbassamento dello sbarramento al 3% e l’introduzione del consigliere supplente. Una misura, quest’ultima, essenziale per separare nettamente il ruolo amministrativo da quello politico, evitando conflitti di interesse. Come il caso, oggi possibile, di un assessore che vota una legge a propria firma». La sensazione, nei palazzi, è che la partita sia appena cominciata. Ma una cosa è certa: la Puglia non può permettersi un altro voto così.