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Povertà, la Puglia è ancora indietro: pochi servizi, difficoltà occupazionale e lavoro femminile ai margini

La Puglia resta una delle regioni italiane dove la povertà incide di più e dove i livelli di benessere faticano a risollevarsi. Lascia poco spazio a dubbi il «Rapporto sul Benessere equo e sostenibile» (Bes) dell’Istat, che fotografa un Paese ancora spaccato in due: un Nord in crescita e un Sud che arranca. In Puglia, come in Campania, oltre sette indicatori su dieci mostrano valori peggiori rispetto alla media nazionale. Un dato che riassume la complessità di una regione dove la povertà economica si intreccia con la scarsità di servizi, le difficoltà occupazionali e una qualità della vita ancora fragile. Le famiglie pugliesi fanno più fatica ad arrivare a fine mese, e i giovani incontrano ostacoli maggiori nell’inserimento nel mercato del lavoro.

Il nodo del lavoro

Il confronto con l’Europa non migliora il quadro. Su 39 indicatori confrontabili con la media dell’Unione europea, l’Italia registra risultati peggiori in 18 casi e migliori solo in 11, mentre per gli altri il divario resta stabile. La Puglia, all’interno di questo scenario, soffre ancora di più: la disoccupazione giovanile, la precarietà e il basso tasso di partecipazione femminile al lavoro restano tra i più elevati del Paese. L’area «Lavoro e conciliazione dei tempi di vita» mostra un bilancio a luci e ombre: sette indicatori migliorano, ma cinque peggiorano. La difficoltà di conciliare famiglia e impiego resta evidente anche nella scarsa diffusione dei servizi per la prima infanzia: nel triennio 2022-2024 meno del 30% dei bambini pugliesi tra 0 e 2 anni ha frequentato nidi o servizi educativi, ben al di sotto della media nazionale (35,2%) e lontanissima dal target europeo del 45% previsto per il 2030.

Segnali di ripresa

L’Istat rileva che, a livello nazionale, solo il 34,3% dei 137 indicatori Bes migliora in modo significativo rispetto all’anno precedente, mentre il 26,3% peggiora e il 39,4% rimane stabile. Nel lungo periodo, però, il quadro diventa più incoraggiante: oltre la metà degli indicatori (70 su 128) è in crescita, con miglioramenti diffusi in sicurezza, innovazione, ricerca e benessere soggettivo. Per la Puglia e per l’intero Mezzogiorno, tuttavia, la ripresa rimane parziale. Nei settori Salute, Istruzione e Qualità dei servizi, la maggioranza degli indicatori regionali continua a collocarsi al di sotto della media italiana. Il divario territoriale è netto: nelle regioni del Nord e del Centro, escluso il Lazio, oltre il 60% degli indicatori presenta livelli di benessere superiori alla media nazionale. Nel Sud, invece, solo l’Abruzzo si salva da una valutazione prevalentemente negativa. Non mancano, tuttavia, piccoli segnali di resilienza. La crescita dell’istruzione prescolastica, con il 95% dei bambini pugliesi di 4-5 anni inseriti nei percorsi educativi, e i progressi nell’ambito della ricerca e dell’innovazione indicano che la regione sta cercando di invertire la rotta. Ma per ora, il «Rapporto Bes» restituisce un messaggio chiaro: la Puglia rimane una delle regioni più vulnerabili del Paese, e per colmare il divario serviranno politiche di lungo periodo su lavoro, servizi e welfare territoriale. Solo così il benessere potrà diventare un’esperienza quotidiana anche a Sud.

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