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Pendolaria, a Sud meno corse e treni più vecchi: in Puglia linee disagiate

Una Italia a due velocità, a nord una rete capillare con più treni ad Alta Velocità, corse e vettori moderni (con meno emissioni di anidride carbonica) e un sud che arranca, nonostante i viaggiatori siano in aumento. Treni regionali con età media doppia al Meridione, linee chiuse da anni senza interventi, mentre il progetto del…

Una Italia a due velocità, a nord una rete capillare con più treni ad Alta Velocità, corse e vettori moderni (con meno emissioni di anidride carbonica) e un sud che arranca, nonostante i viaggiatori siano in aumento. Treni regionali con età media doppia al Meridione, linee chiuse da anni senza interventi, mentre il progetto del Ponte sullo Stretto drena risorse miliardarie.

È il primo dato evidente che viene fuori dal report di Legambiente, Pendolaria, sul trasporto sul ferro, presentato ieri a Roma. Non solo. L’Italia su questo settore pare aver investito sempre male e poco e ancor di più lo si sta facendo in questi ultimi anni. Basti pensare che se in tutto il nostro Paese ci sono 269 chilometri di rete ferroviaria nella sola città capoluogo della Spagna, Madrid ce ne sono 293 di chilometri di binari.

I dati pugliesi e lucani

Non solo, il trasporto interno alle regioni ancor più sottolinea il divario tra le due Italia. Numeri alla mano, se in Lombardia ci sono 2200 corse giornaliere interregionali, in Puglia sono 871, in Basilicata 229. In compenso, poco per volta, le flotte si stanno rinnovando. Ma ci sono anche casi estremi, disservizi. Il report evidenzia per esempio che in Puglia la linea peggiore è quella Ferrovie del Sud Est sulla tratta Bari-Martina Franca (via Conversano). Ebbene qui il servizio è sospeso per causa lavori di elettrificazione e velocizzazione della linea, in particolare per la rimozione di molti passaggi a livello.

Lavori infiniti

Il problema è che il completamento delle opere è in ritardo di anni e i disagi che gli utenti dell’area stanno subendo sono enormi, basti vedere le diffide, le proteste dei diversi comitati di pendolari che sono nella zona. Eppure si tratta di un bacino di circa 120mila abitanti che non hanno certezza dei tempi di realizzazione e soprattutto di miglioramento delle loro condizioni di viaggio.

Nel leccese

Situazione simile vivono gli abitanti del leccese, per i lavori di elettrificazione della linea Zollino-Gagliano del Capo e per la Francavilla Fontana-Lecce. Con quasi l’intera rete sospesa da anni, inevitabile il ricorso a corse sostitutive in autobus, spesso datati, sovraffollati, e con tempi di percorrenza elevati, in particolare negli orari frequentati dagli studenti.

La tegola del Consiglio di Stato

Non solo, su questa rete pesa anche una sentenza del Consiglio di Stato dell’agosto scorso che ha stabilito che il contributo straordinario di 70 milioni di euro, stanziati dal Ministero delle Infrastrutture nel 2016 per il salvataggio dell’azienda e il suo assorbimento nel Gruppo FS, si configura come aiuto di Stato e quindi è illegittimo.

In attesa del chiarimento dell’avvocatura sugli effetti della sentenza, la società vive in una specie di limbo, nonostante il rinnovo del parco rotabili e il recente avvio dei lavori per trasformare 20 stazioni in hub intermodali. Investimenti importanti che rischiano di essere vanificati dalla sospensione della rete e dal disaffezionamento degli utenti, già perchè qui le persone non fanno più riferimento alle rotaie, come mezzo di trasporto, ma a mezzi propri o peggio a bus vecchi e spesso sovraffollati.

La proposta

Per Legambiente «il MIT deve assumere un ruolo di coordinamento e controllo, fondamentale per migliorare il trasporto ferroviario tra le diverse aree del Paese e integrarlo al meglio con l’offerta di trasporto pubblico su gomma». E ancora si propone il trasferimento della competenza sul servizio ferroviario pendolare alle Regioni. Non solo, servono più soldi e Legambiente aggiunge che va rifinanziato il trasporto pubblico italiano: 200 milioni l’anno per migliorare il servizio Intercity e aumento di almeno 3 miliardi del Fondo Nazionale Trasporti (che finanzia il trasporto pubblico su ferro e gomma) per farlo tornare almeno ai livelli reali del 2009.

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