Parla Italo Bocchino: «Il ciclo della sinistra in Puglia è finito. Fitto? L’uomo giusto in Ue» – L’INTERVISTA

Dopo vent’anni di successi, la sinistra pugliese è arrivata al capolinea. E ora sta alla destra scegliere «presto e bene» un candidato autorevole per vincere le prossime elezioni regionali. Ne è convinto Italo Bocchino, direttore editoriale del Secolo d’Italia, parlamentare di lungo corso e per 12 anni portavoce (anzi, «figlio putativo» come tiene a precisare) di quel Pinuccio Tatarella che negli anni Novanta “inventò” la destra di governo. Ed è proprio nella sede barese della Fondazione Tatarella che Bocchino, venerdì alle 18.30, presenterà “Perché l’Italia è di destra” (Solferino), il libro con cui si propone di smascherare «le bugie della sinistra».

Direttore, partiamo da qui: perché l’Italia è di destra?

«Perché lo è sempre stata, dall’unità a oggi. In origine ha governato la destra storica, poi è arrivato il fascismo, poi ancora la Dc, Silvio Berlusconi e infine Giorgia Meloni. Le uniche vittorie della sinistra sono frutto di larghe intese, governi tecnici e di una personalità come Romano Prodi, un “papa straniero” che poi non è riuscito a governare. Senza dimenticare che, come sosteneva Pinuccio Tatarella, almeno il 65% degli italiani è alternativo alla sinistra».

Per molti, essere di destra equivale a essere fascisti: è così?

«Il fascismo fu un fenomeno di sinistra. Nacque a sinistra, con Benito Mussolini che militava tra i socialisti e con il laboratorio de “L’Avanti”, e morì a sinistra, col modello della Repubblica sociale italiana. Certo, ebbe delle connotazioni di destra come il patriottismo e la difesa della famiglia. Ma oggi tacciare di fascismo una persona di destra è un errore madornale che blocca la democrazia e, tra l’altro, fa male più alla sinistra che alla destra».

Perché?

«La sinistra considera quelle di destra come persone di serie B. Invece è proprio il riconoscimento dell’avversario a elevare il livello dello scontro politico e a rafforzare la democrazia dell’alternanza. Perciò l’antifascismo è il problema di questo secolo, mentre il fascismo è il problema del secolo scorso».

La svolta conservatrice di Giorgia Meloni passa per Raffaele Fitto: quanto è importante, per l’Italia e per la destra, avere un uomo simile alla vicepresidenza della Commissione europea?

«Fitto in Europa è la persona giusta al momento giusto. Detto ciò, se si analizza il melonismo si nota quanto Fitto sia stato importante: ha rotto con Berlusconi, poi si è avvicinato a Cameron, ha stretto un rapporto con i conservatori britannici, è entrato a far parte dei conservatori europei, ne ha recepito il modello, poi è entrato in Fratelli d’Italia e ha trasmesso certe suggestioni a Meloni. Oggi Fitto è essenziale non solo per il presidente del Consiglio italiano, ma anche per la Commissione europea e per gli equilibri politici europei: su dossier cruciali come tutela dei mercati, immigrazione e diritti civili la sinistra europea sarà minoritaria e Fitto farà da cerniera tra il Partito popolare europeo e i Patrioti».

Mentre Fitto scala la politica nazionale ed europea, però, in Puglia la destra colleziona sconfitte da vent’anni: che cosa non funziona?

«In Puglia la destra perde per tre motivi. Negli ultimi vent’anni, innanzitutto, la sinistra ha vinto facendo cose di destra. Michele Emiliano, d’altra parte, è un uomo di destra che si è candidato sul fronte opposto perché solo lì ha trovato spazio. Il secondo motivo delle sconfitte della destra pugliese è l’assenza di leader: dopo Tatarella, soltanto Fitto e Adriana Poli Bortone hanno avuto successo. Ultimo motivo: la politica è fatta di cicli e quello degli ultimi vent’anni è stato sfavorevole alla destra. Ma adesso, con Emiliano a fine corsa e Antonio Decaro in Europa, il ciclo della sinistra in Puglia è finito».

La destra può vincere le prossime regionali? Chi è il candidato giusto?

«Io credo che la destra possa farcela. Non faccio nomi, ma la coalizione deve scegliere presto e bene. Le elezioni si vincono solo se si sceglie un candidato autorevole per tempo e lo si fa conoscere all’elettorato».

Lei è stato molto vicino a Pinuccio Tatarella: qual è il suo lascito politico?

«Di Pinuccio sono stato assistente, consigliere e figlio putativo per 12 anni. È stato la mente più lucida che la nostra famiglia politica abbia espresso e il suo lascito è immenso perché ha contribuito a trasformare la destra post-fascista in destra democratica e poi in destra di governo. Oggi il centrodestra vive sul suo modello che persino il centrosinistra imita. Quando Goffredo Bettini parla di campo largo, pensa al concetto di “oltre il Polo” di Tatarella. E lo stesso fa Emiliano sia quando allarga la sua coalizione sia quando va al bar e parla in dialetto pugliese. Ma il modello di Tatarella, applicato alla destra, è coerente perché il 65% degli italiani è alternativo alla sinistra; sul fronte opposto non è così, visto che, per vincere, il Partito democratico deve raccattare i voti di partiti che sono espressione di blocchi sociali differenti, perdendo così in identità e capacità programmatica».

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