C’è forte preoccupazione tra i lavoratori e le istituzioni pugliesi per il futuro dello stabilimento Marelli di Bari, uno dei dieci impianti italiani della multinazionale della componentistica per l’automotive. La recente notizia dell’avvio da parte della società della procedura di ristrutturazione finanziaria denominata “Chapter 11”, prevista dal diritto fallimentare statunitense, ha fatto riemergere con forza il timore di ripercussioni pesanti anche nel capoluogo pugliese, dove l’azienda rappresenta una delle principali realtà produttive del settore.
Le criticità
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e il sottosegretario Fausta Bergamotto hanno incontrato ieri i vertici italiani di Marelli per un primo approfondimento sullo stato della crisi. «Il Governo è attento e vigile», ha ribadito Urso al termine dell’incontro, annunciando per il prossimo 19 giugno un tavolo ministeriale che coinvolgerà sindacati, rappresentanti regionali e i dirigenti della società. Intanto, nella giornata di oggi, Marelli dovrebbe fornire comunicazioni formali ai rappresentanti dei lavoratori.
Le sigle
Ma i sindacati, intanto, alzano il livello di allerta. Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcfr parlano di una situazione di estrema gravità, chiedendo con urgenza un confronto serrato: «È fondamentale che il ministero intervenga con tempestività. Non sono più tollerabili ulteriori rinvii».
A Bari lo stabilimento Marelli occupa centinaia di addetti, impiegati nella produzione di componenti elettronici per il settore automobilistico, e ha rappresentato negli ultimi anni una delle poche certezze occupazionali in un contesto locale segnato dalla deindustrializzazione.
Adesso, con il ritorno della crisi, anche questo presidio produttivo rischia di essere compromesso. «Restiamo in attesa di capire come andranno veramente le cose – sottolinea Paolo Villasmunta, segretario generale della Fiom Cgil di Bari – di sicuro, però, c’è che la situazione ormai è davvero urgente».
Il fondo statunitense Kkr, che controlla l’azienda, ha finora mantenuto un atteggiamento prudente, ma il ricorso al “Chapter 11” indica un quadro economico fortemente compromesso. Il timore, a livello locale, è che il sito di Bari possa essere sacrificato in un’ottica di razionalizzazione globale. «C’era una volta un asset strategico, ovvero la rete unica delle tlc, che il Governo Meloni ha lasciato andare nelle mani del fondo americano Kkr – commenta Gianmauro Dell’Olio (M5S), vicepresidente della Commissione Bilancio della Camera – nello stesso tempo, Marelli, già gioiello dell’automotive italiano, veniva lasciata alla deriva dallo stesso fondo Kkr, che l’aveva acquistata anni fa da Fiat. Il Governo sapeva sicuramente di queste difficoltà, avendo dovuto valutare Kkr nel suo complesso in vista dell’operazione rete unica, ma non ha mosso un dito».