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Mafia, in Puglia confiscati beni per 30 milioni di euro nel 2025: «Foggia preoccupa. Faro sulla criminalità albanese»

Ammonta a oltre 30 milioni di euro il valore delle confische definitive eseguite in Puglia dalla Direzione investigativa antimafia (Dia) di Bari nel 2025.

Il dato è stato fornito dal capo Centro della Dia barese, il colonnello Giulio Leo, in occasione della presentazione del calendario 2026, dedicato ai volti femminili dell’antimafia e al quale ha dato il proprio contributo la giornalista d’inchiesta pugliese Marilù Mastrogiovanni.

Il capo della Dia ha tracciato un bilancio dell’attività investigativa, confermando «qualche preoccupazione sul territorio foggiano» e «controlli capillari» sull’utilizzo dei fondi del Pnrr, assicurando che su questo fronte «non c’è un’emergenza, lo Stato c’è e riesce a fronteggiare il corretto impiego di queste risorse».

Il colonnello Leo ha poi spiegato che si è voluto dare spazio anche alle giornaliste nelle pagine del calendario istituzionale perché «con il loro lavoro danno voce a chi non ne ha, ai più deboli e a chi in modo più pressante percepisce la presenza della criminalità organizzata».

Leo ha spiegato che «una criminalità che si fa sempre più carsica, più latente nelle sue modalità operative ha ancora più bisogno oggi di una rete di collaborazione che punti sul cittadino, sulle donne, su coloro che vogliono cambiare vita e voltare pagina. Ci sono madri, sorelle, situazioni in cui si vuole dare una possibilità nuova alle proprie famiglie, dare messaggi che spezzino col passato, con una criminalità che soffoca e intimidisce».

Parlando ancora dell’attività investigativa, Leo ha detto che «ovviamente la criminalità estende i propri interessi dove c’è economia, dove c’è denaro, ultimamente dove c’è anche turismo. Qualche preoccupazione in più resta nella provincia di Foggia, ma su questo stiamo lavorando. C’è poi un fanale aperto sulla criminalità organizzata albanese, che ormai riesce ad interagire direttamente con i grandi cartelli sudamericani e si pone come fornitore dei nostri clan autoctoni».

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