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Legge elettorale in Puglia, salta l’accordo sulla doppia preferenza: maggioranza divisa

Si apre una crepa sempre più profonda fra il Partito democratico e gli alleati in Regione Puglia. Il nodo resta la riforma della legge elettorale che continua a dividere la maggioranza sull’orlo ormai di una crisi di nervi. La conferma l’altro giorno nella conferenza dei capigruppo tenuta in videoconferenza all’indomani dell’approvazione all’unanimità, in settima Commissione,…

Si apre una crepa sempre più profonda fra il Partito democratico e gli alleati in Regione Puglia. Il nodo resta la riforma della legge elettorale che continua a dividere la maggioranza sull’orlo ormai di una crisi di nervi. La conferma l’altro giorno nella conferenza dei capigruppo tenuta in videoconferenza all’indomani dell’approvazione all’unanimità, in settima Commissione, della legge sulla parità di genere: una modifica attesa dal 2020, da quando il governo Conte fu costretto a usare i poteri sostitutivi per introdurre nella legge elettorale pugliese il doppio voto con seconda preferenza obbligatoria per una donna e liste elettorali con il vincolo del 60% di rappresentanza per uno dei due sessi.

L’iter della norma

I principi sono stati recepiti l’altro giorno nella proposta di legge a firma della consigliera dem Lucia Parchitelli insieme a colleghi di Cinque Stelle e Fratelli d’Italia. Strada spianata per il passaggio in aula con iscrizione all’ordine del giorno? Nemmeno per idea. Durante la riunione è emersa la totale divergenza di vedute fra il Pd con il resto degli alleati. Il capogruppo Paolo Campo, infatti, ha proposto di approvare subito la doppia preferenza unendola alla cancellazione della legge “anti-sindaci”, il testo già attenzionato dal Governo centrale che obbliga i sindaci che vogliono candidarsi alle regionali a dimettersi sei mesi prima delle elezioni. Con, Per la Puglia e Azione sono disponibili a votare i due punti, ma a condizione di approvare per intero il pacchetto elettorale inserendo altre tre questioni cruciali. A partire dalla riduzione della soglia di sbarramento dal 4 al 2,5%, passando per l’introduzione del consigliere supplente e cioè l’escamotage giuridico – già adottato in sette regioni – che consente al primo dei non eletti di subentrare in caso di nomina in giunta di un altro consigliere. Da ultimo la modifica del metodo di calcolo della soglia di sbarramento non più commisurata ai voti raccolti dal candidato governatore, così come prevede la norma attuale, ma a quelli delle liste della coalizione.

I nodi

Questioni dirimenti sulle quali civici ed Azione non sono disposti a cedere tanto da aver chiesto l’intervento del presidente Michele Emiliano, ma anche del successore designato Antonio Decaro. In ogni caso la questione è stata rimessa a una valutazione del tavolo di maggioranza per affrontare insieme i punti divisivi del pacchetto elettorale che necessita di una mediazione. Una soluzione da individuare in fretta, provando anche ad ammorbidire le ostilità delle minoranze per evitare la paralisi dell’attività politica amministrativa negli ultimi sette mesi di legislatura.

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