La notte di Natale si è trasformata nella solita notte di baldoria senza freni per i giovani baresi e tarantini. Urla, schiamazzi, feriti da botti come fosse capodanno, tetti di auto danneggiati da parte di chi ci sale su a ballare, birra a fiumi che scorre.
La domanda è: che diavolo ha a che fare tutto questo con la notte di Natale? Niente, naturalmente. Tanto che il vescovo di Andria è intervenuto sui social proprio per rimarcare lo iato profondo fra significato della festa religiosa – la nascita di Gesù nella grotta, momento di ritrovo e calore familiare – e la movida sfrenata.
Sembra di assistere, guardando le foto, più ad un rito da Sodoma e Gomorra, le due città bibliche leggendarie, distrutte da Dio con zolfo e fuoco a causa della loro estrema decadenza, piuttosto che alla celebrazione della nascita del figlio del Signore. Di simboli visti in foto, solo il cappello di Babbo Natale. Cioè del vecchietto che porta doni. Di tutto il significato di questa festa non è rimasto che questo.
Quello commerciale, festaiolo e consumistico. Analisti e sociologi dovrebbero impegnarsi nel cercare di spiegarci questa ansia da festa da cosa origina. I venti di guerra che soffiano non troppo lontani, le difficoltà quotidiane da esorcizzare spingono a tuffarsi nell’orda collettiva della gioia a tutti i costi? Frustrazioni, rabbie canalizzati in pinte di birra scolati a ripetizione? Mentre solo a poca distanza da noi una barca capovolta in mare aperto raccontava di 16 vite spezzate.
C’è un filo che possa tenere insieme coscienza e incoscienza, consapevolezza del presente ed edonismo a tutti costi? Al momento, il senso delle cose sembra un concetto in disuso.