«Il 60% delle imprese pugliesi non è in regola». Lo sottolinea il segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo, commentando il report dell’Ispettorato nazionale del lavoro che si riferisce ai controlli effettuati nel 2021.
«Dati assolutamente preoccupanti – aggiunge Gesmundo – ma purtroppo non sorprendenti: si conferma un mondo del lavoro in questa regione compresso, da un lato, da bassi salari e precarietà a causa delle norme che regolano il mercato del lavoro e per la struttura produttiva prevalente in Puglia; dall’altro, dal continuo ricorso a forme di lavoro illegale sul piano contributivo, fiscale e contrattuale».
In Italia tra i lavoratori irregolari (quasi 60mila) quelli completamente “in nero” sono stati il 26%, «percentuale che se si guarda alla Puglia – evidenzia Gesmundo – sale al 41% sul totale irregolari».
In Puglia nel 2021, emerge dal report commentato dalla Cgil, le ispezioni in materia di lavoro e salute e sicurezza sono state 7.034: 3.157 nel terziario, 1.934 in edilizia, 1.288 in agricoltura, 655 nell’industria. Le percentuali di irregolarità vanno dal 66,28% dell’edilizia al 61,55% del terziario, quindi il 60,09% dell’industria e il 48,5% dell’agricoltura.
«Più interessante la lettura dei dati attraverso i codici Ateco. Ad esempio – afferma segretario Cgil Puglia – il settore di attività relativo ad alloggi e ristorazione, per intenderci quelli direttamente connessi al turismo in Puglia e che lamentava mancanza di mano d’opera, ha registrato tassi di irregolarità del 74%. Viene il sospetto – conclude – che non trovavano giovani da sfruttare, più che professionisti della ristorazione o dell’accoglienza».
Inoltre dei 4.915 lavoratori cui si riferiscono nel complesso le violazioni accertate in Puglia lo scorso anno, 2.005 erano impiegati completamente ‘in nero’, oltre un terzo di questi in agricoltura.