«Nonostante le piogge dell’ultimo periodo gli invasi in Puglia restano vuoti». A lanciare l’allarme è Luca Lazzàro, presidente di Confagricoltura Puglia.
L’invaso di Occhito sul Fortore, uno dei principali serbatoi della regione, registra ieri, una disponibilità di poco più di 31,5 milioni di metri cubi, ben al di sotto dei 115 milioni di metri cubi disponibili nello stesso periodo del 2024.
Un calo altrettanto preoccupante si osserva nell’invaso di Marana Capacciotti, dove la disponibilità è scesa dai 19,4 milioni di metri cubi del 2024 agli attuali 8,6 milioni, con una riduzione di quasi 11 milioni di metri cubi. Questi dati confermano un trend di forte contrazione delle riserve idriche, che pone serie sfide per l’approvvigionamento, soprattutto in vista della prossima stagione estiva.
L’allarme
«Questa realtà drammatica – evidenzia Lazzàro – impone una riflessione sul futuro dell’approvvigionamento idrico, non solo in Puglia. Il riutilizzo delle acque reflue trattate rappresenta una delle risposte più promettenti.
Già praticato con successo in paesi come Israele, California, Australia e Singapore, e in alcuni Stati membri dell’Unione Europea, il riuso dell’acqua in agricoltura rimane tuttavia sottoutilizzato in Italia, nonostante il suo potenziale sia stato ampiamente riconosciuto nelle strategie internazionali e nazionali».
A fronte di un utilizzo che si attesta a circa il 4%, in Italia esiste un potenziale di riuso pari al 20%, capace di coprire fino al 45% della domanda irrigua, come dimostrano studi recenti. «Il riuso delle acque reflue, se ben regolamentato e supportato da politiche adeguate, offre vantaggi ambientali, economici e sociali.
Si tratta – sottolinea il presidente di Confagricoltura- di una fonte d’acqua affidabile e indipendente dalle oscillazioni climatiche, che può garantire continuità all’agricoltura anche nei periodi di siccità, riducendo il rischio di perdite di raccolto.
Inoltre, l’utilizzo di queste acque consente di abbattere i costi legati ai fertilizzanti, grazie alla presenza naturale di nutrienti come azoto e fosforo». Il riuso dell’acqua è limitato da parametri stringenti, spesso più restrittivi rispetto a quelli per le acque potabili, che richiedono impianti di trattamento onerosi.
«Per superare queste barriere, è fondamentale un impegno pubblico sostenuto da risorse adeguate. In particolare, è necessario garantire che i costi di investimento e gestione degli impianti non gravino tutti sugli agricoltori, ma siano condivisi equamente dalla collettività, in linea con il principio “chi inquina paga”».