Cresce il numero degli occupati in Puglia e decresce quello dei disoccupati. Dall’analisi del 2022, emerge tutta la resilienza del sistema produttivo regionale, nonostante l’inflazione galoppante e la guerra in Ucraina. Sono questi i dati emersi dallo studio condotto dall’osservatorio economico Aforisma, diretto da Davide Stasi.
In particolare, i lavoratori nella regione sono aumentati di 60 mila unità rispetto all’anno precedente, passando da 1,207 a 1,267 milioni. Un dato che si associa a quello di chi non ha un lavoro, passato da 205 mila a 174 mila unità. In passato quando diminuiva il numero dei disoccupati cresceva quello di chi neanche cercava più lavoro, i cosiddetti inattivi. Nell’ultimo anno invece si è registrato un loro decremento di 49 mila unità.
«Si tratta – spiega Davide Stasi – di dati positivi che, però, non si traducono in un miglioramento dei livelli di benessere della nostra società. Anzi, spesso celano situazioni di precariato e sfruttamento. Per questo risulta importante affrontare il tema della giusta retribuzione e salario minimo. Nel nostro ordinamento, infatti, non esiste un livello minimo di paghe fissato per legge, ma l’articolo 36 della Costituzione riconosce il diritto, per il lavoratore, ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa».
L’articolo va letto unitamente all’articolo 39 della Costituzione che attribuisce ai sindacati, previa registrazione, il potere di stipulare contratti collettivi di lavoro vincolanti per tutti i lavoratori appartenenti alla categoria cui il contratto si riferisce e ciò da parte di una delegazione unitaria di tutti i sindacati registrati, ognuno rappresentato in proporzione ai propri iscritti. «La mancata attuazione di tale ultima previsione costituzionale ha determinato due criticità – sottolinea Stasi -: la mancata estensione nei confronti di tutti i lavoratori appartenenti alla medesima categoria dell’efficacia dei contratti collettivi e una proliferazione degli stessi». Secondo l’ultimo Rapporto sul mercato del lavoro e la contrattazione collettiva del Cnel, risultano depositati in archivio 946 Ccnl per i lavoratori dipendenti nel settore privato, 18 Ccnl per i lavoratori dipendenti nel settore pubblico, 12 Ccnl per i lavoratori parasubordinati e collaboratori, 31 accordi economici collettivi stipulati per alcune categorie di lavoratori autonomi, ricostruisce l’osservatorio di Aforisma.
Per Stasi, «il salario minimo può essere stabilito per legge (salario minimo legale), dalla contrattazione collettiva, o dalla combinazione della fonte normativa con la contrattazione collettiva. Attualmente, il salario minimo esiste in tutti gli Stati membri dell’Unione europea: in 21 Paesi esistono salari minimi legali, mentre in 6 Stati membri (Danimarca, Italia, Cipro, Austria, Finlandia e Svezia) la protezione del salario minimo è fornita esclusivamente dai contratti collettivi. Obiettivo della direttiva non è la definizione di un salario minimo unico per tutti gli Stati membri, quanto piuttosto quello di garantire l’adeguatezza dei salari minimi e condizioni di vita e di lavoro dignitose per i lavoratori europei, nel rispetto delle specificità di ogni ordinamento interno e favorendo il dialogo tra le parti sociali».