Le elezioni regionali 2025 in Puglia hanno sancito un verdetto politico inesorabile: è archiviata l’epoca del civismo così come lo abbiamo conosciuto. O almeno di quel civismo che sapeva di «Primavera» ed ha sorretto e ampliato le maggioranze del centrosinistra, diventando il marchio di fabbrica del metodo del primo governo Emiliano.
Un modello costruito sull’inclusione di spezzoni di società civile attraverso liste civiche costruite su effettivi movimenti nati dal basso e successivamente diventati contenitori elettorali cuciti su misura per eleggere pochi candidati.
Il voto del 24 e 25 novembre ha mostrato la deriva di quel laboratorio. Liste nate con la retorica della società civile si sono rivelate, numeri alla mano, partiti personali al servizio dei capilista.
L’esempio più emblematico è il caso che ha preceduto la presentazione dei simboli: l’ex delegato all’Urbanistica in Regione, Stefano Lacatena, fatto fuori dal presidente uscente Saverio Tammacco per evitare che la sua candidatura compromettesse la rielezione del capo. Un episodio che ha messo a nudo i meccanismi di potere interni al civismo «istituzionalizzato».
La lista Decaro Presidente, pur più vicina all’idea iniziale, non ha tuttavia incarnato un civismo puro. Piuttosto uno strumento elettorale per intercettare voti di amministratori locali pronti a scalare i gradini della politica.
La radiografia dei risultati è impietosa e si legge in filigrana dalla distribuzione dei consensi: picchi altissimi dei capilista e deserti dietro di loro (non per Decaro presidente). «Popolari x Decaro» prende a Bari 11.981 voti, di cui 4.033 a Gianni Stea; il secondo prende la metà. A Brindisi: 11.315 voti, con Antonio Leoci (uscente) a 4.998 e Tanzarella a 3.400, il resto spiccioli. Nella Bat, 8.322 voti di lista, Ruggero Mennea (uscente) 3.331, Tupputi a 1.944. A Foggia, 10.401 voti di lista, Sergio Clemente (uscente) 4.081, il resto distante. A Lecce, 8.364 voti totali, con Potì a 3.029 e Leone 2.677. Taranto chiude con 3.923 voti: Picchierri ne ottiene appena 1.234.
La fotografia è sempre la stessa: liste costruite per blindare i volti noti, spesso alla terza o quarta legislatura, o esponenti di partiti, architetti di passaggi da un partito all’altro (come Leo, la lista «Per», a Lecce, prende 19.611 voti e di questi ben 11.871 sono di Leo. Amati, ex Pd, ex Azione, lista da 13,215 voti e di questi più di 8mila sono del consigliere uscente).
Nelle province dove si racimolano pochi voti, il senso resta solo quello di superare il quorum. «Per la Puglia», sopravvissuta in extremis alla cancellazione prende a Bari 28.661 voti e di questi 11.300 sono di Saverio Tammacco (uscente); il secondo è fermo a 3.000. Nella Bat: 14.428 voti, Ruggero Passero (segretario dell’ex consigliere Pd Filippo Caracciolo, espulso dal partito) ne prende 10.030. A Foggia: 21.755 voti, partita esclusivamente a due tra Antonio Tutolo (consigliere uscente) 10.240 e Cusmai 9.204. A Taranto: 15.845 voti, Gianfranco Lopane (assessore uscente non eletto) 6.342, il secondo meno della metà. A Lecce: 19.611 voti e Sebastiano Leo (assessore uscente) ne prende 11.871.
Il civismo, di un tempo apriva le porte, immetteva nel circuito politico volti nuovi e idee fresche, questo ci rimanda solo a vecchi potentati. Al suo posto restano macchine elettorali verticali, progettate per traghettare gli uscenti verso una nuova legislatura. Il voto 2025 consegna una verità semplice: il civismo pugliese, quello vero, è stato sostituito da contenitori costruiti per uno – massimo due – beneficiari. E il resto è solo cartapesta politica.









