Da Claudio Stefanazzi a Giuseppe Pasquale Roberto Catalano. Passa da loro, oltre che dal governatore Michele Emiliano, l’omissione nel controllo sulla consulenza che, nelle intenzioni, la “consigliera esperta” Caterina (detta Titti) De Simone avrebbe dovuto fornire all’attività della Regione, “per l’attuazione del programma di governo regionale”. È quello che contesta la procuratrice regionale presso la Corte dei Conti, Carmela de Gennaro, al presidente Emiliano, che ha firmato due decreti di nomina (nel 2015 e nel 2021) in favore di De Simone, ma anche ai suoi due capi di gabinetto, Claudio Stefanazzi e il successore Giuseppe Catalano. Un danno che ammonterebbe a 420mila euro “spesi” dai primi due, altri 122.847 dal terzo.
La questione
Il caso è quello del contratto di collaborazione stipulato nel 2015 in favore di De Simone, perché prestasse “attività di assistenza e studio per il presidente della Regione Puglia con pareri, proposte e memorie anche scritte ogni volta che se ne verifichi l’esigenza”. E ancora, “sarà chiamata ad assicurare la propria partecipazione ad incontri tecnici per il quale il presidente farà richiesta a produrre specifica informativa in merito, da trasmettere allo stesso Gabinetto del Presidente della Giunta regionale”. Per fare ciò, avrebbe dovuto, come asserito da lei stessa, “garantire la necessaria professionalità e competenza in materia, in ragione delle pregresse esperienze e degli incarichi ricoperti”. La retribuzione prevista era di 65mila euro l’anno, “per tutto il mandato del presidente Emiliano”. Nel rinnovo del contratto, nel 2021, si aggiungeva nell’oggetto dell’attività, il “riferimento all’agenda di genere”. In ogni caso, si legge, sarebbe stato vincolante il parere del capo di Gabinetto.
La contestazione
Al contrario, fa presente la procuratrice nell’invito a dedurre, la attività condotte da Titti De Simone, non sono state “in alcun modo funzionali a fornire un supporto tecnico al capo di Gabinetto o un apporto di conoscenze alle scelte politiche del presidente della Giunta regionale”, essendosi limitata ad attività di “rappresentanza istituzionale e di cura delle relazioni interistituzionali, trattandosi di attività politiche in senso stretto e di compiti, al massimo, delegabili al massimo a rappresentanti della politica locale (ad esempio assessori)”. In sole due occasioni, avrebbe affiancato gli uffici di Gabinetto.
Violazioni e omissioni
Innanzitutto, spiega la procuratrice, “De Simone non poteva considerarsi esperta o professionista di notoria esperienza e di elevata capacità professionale per nessuna delle aree indicate dal regolamento regionale”. Nello scarno curriculum, “appositamente acquisito dall’ufficio di Gabinetto”, si indica solo che è una giornalista, che “vanta una pluriennale esperienza politica, come parlamentare, assessore comunale e come coordinatrice della campagna elettorale di Michele Emiliano”. Dunque, avrebbe potuto svolgere un incarico di collaborazione politica nei confronti del presidente, “laddove ha ricevuto (e riceve tutt’oggi) 65mila euro annui per la prestazione di una consulenza di natura tecnico-specialistica mai resa nell’arco di ben nove anni”.
E nonostante tutto, scrive, “il presidente Emiliano, nonostante avesse avuto modo di constatare personalmente il contenuto dell’attività di fatto svolta dalla consigliera De Simone, non ha provveduto ad adottare alcun provvedimento correttivo in relazione agli incarichi da lui stesso conferiti”. Incarichi, rincara, conferiti “senza neanche la previa adozione di apposita deliberazione della Giunta regionale, e dunque in palese violazione della legge regionale 45/1981”.
I capi di Gabinetto
Condotte omissive sono contestate ai due capi di Gabinetto, a cominciare dall’ora parlamentare Claudio Stefanazzi che avrebbe violato il regolamento regionale del 2000 e la norma del 1981 sia per il parere favorevole sia alla sottoscrizione della convenzione, né si sarebbe poi curato di adottare provvedimenti correttivi. Al danno avrebbe poi concorso Catalano che “sin dal momento del suo insediamento, avrebbe dovuto esaminare gli atti e adottare provvedimenti in conformità alla normativa regionale”, “assecondando quanto già disciplinato illegittimamente dal suo predecessore”.