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Informatiche e consulenti. Sono le donne che fuggono dall’Ucraina

Una rete solidale attivatasi in pochi giorni per portare al sicuro in Italia mamme e bambini dall’Ucraina. Sono state accolte così in Puglia mercoledì scorso 38 persone in fuga dalla zona dei combattimenti, tutte madri con i figli minori al seguito. A coordinare l’iniziativa e la partenza dell’autobus carico di aiuti e medicinali per la…
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Una rete solidale attivatasi in pochi giorni per portare al sicuro in Italia mamme e bambini dall’Ucraina. Sono state accolte così in Puglia mercoledì scorso 38 persone in fuga dalla zona dei combattimenti, tutte madri con i figli minori al seguito. A coordinare l’iniziativa e la partenza dell’autobus carico di aiuti e medicinali per la popolazione ucraina, l’associazione socio-culturale “Il vaso di Pandora” e i sindaci dei comuni di Monopoli e Acquaviva delle Fonti.

La macchina della solidarietà, affidata solo alla generosità di privati cittadini e di alcune aziende che hanno devoluto i oro prodotti, si è messa in moto grazie all’impulso del tenore Dario di Vietri e dei suoi contatti in Ucraina. Così, dopo un viaggio in autobus di due giorni e oltre 3mila chilometri percorsi, donne e bambini dal confine con la Slovacchia sono arrivate a Bari, dove sono state accolte da mazzi di fiori e pasticciotti caldi offerti dalla pasticceria Martinucci. Undici di loro sono adesso ospitate presso l’istituto educativo delle suore di Padre Annibale di Francia a Bari.
In Ucraina, prima di essere costrette a scappare all’improvviso, facevano dei lavori normali: c’è chi dirigeva un negozio di calzature, chi lavorava come programmatrice informatica o come consulente legale per i rapporti tra aziende estere e ucraine. Molte di loro non si conoscevano prima di salire sull’autobus che le ha portate in Italia, ma dopo pochi giorni insieme a Bari sono diventate una famiglia. All’istituto delle suore di padre Annibale di Francia hanno le loro stanze e un piano con tanto di cucina a loro dedicato. Con Severina Bergamo, presidentessa dell’associazione “Il vaso di Pandora”, ormai si è instaurato un rapporto di amicizia e complicità, così come con Angelo il loro giovane insegnante di Italiano. E infatti uno degli scopi principali dell’associazione è proprio quello di fornire a queste donne gli strumenti per rendersi indipendenti, a cominciare dalla conoscenza della lingua.
«Non sappiamo tra quanto riusciranno a tornare a casa – spiega Severina Bergamo – per questo ci siamo subito attivati per le lezioni di italiano e per inserire i ragazzi a scuola o in palestra. Vogliamo che si riprendano la dignità che gli è stata tolta dalla guerra, dando loro un lavoro che gli permetta di tornare a uno stato di normalità». Le storie che queste donne hanno portato con loro dall’Ucraina sono difficilmente comprensibili dagli occhi di chi non sta vivendo questo dramma. C’è chi come Tatjana, nonostante sia stata costretta a scappare già nel 2014 da Donetsk dopo la prima invasione russa nel Donbass, non si aspettava i bombardamenti: «Io e la mia famiglia ci eravamo già trasferiti a Kiev lasciando casa e lavoro. Fino a quando non sono cadute le prime bombe non credevamo che Putin si sarebbe spinto così oltre. Appena è iniziato tutto mio marito non ha voluto aspettare e ci ha detto che almeno noi dovevamo andare via».
La speranza di ritornare è sempre viva, anche se nessuna di loro si aspetta che questa guerra finisca prima di qualche anno. Come racconta ancora Tatjana: «Ormai il conflitto ha una dimensione troppo grande per risolversi nel giro di mesi, ci vorranno anni. – e aggiunge –. Sarà difficile perdonare i russi dopo che hanno iniziato ad attaccare i civili. Chi è rimasto in Ucraina ci racconta che sono rimasti senza luce e acqua. Sono costretti a sciogliere e bere la neve».
L’impegno del Vaso di pandora e della sua rete di accoglienza non si ferma però qui. Lo scorso venerdì è partito un secondo pullman di aiuti alla volta del confine tra Slovacchia e Ucraina. Grazie all’apporto dei soci farmacisti Leila del Sole e Francesco Capezzuto sono stati raccolti un’abbondante quantità di farmaci, alimenti e prodotti per l’igiene. E al ritorno verranno condotti in Italia altri profughi. Per sostenere i costi del viaggio, la fondazione Megamark ha devoluto oltre 2mila euro.

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