«Lo diciamo da tempo, le famiglie pugliesi sono sovraindebitate. Manca il lavoro, ma anche quando c’è, si tratta di lavoro povero, come ha osservato la consulta nazionale antiusura». È quanto afferma il segretario generale della Uil Puglia, Emanuele Ronzoni, a proposito dei dati Istat che fanno registrare, in Puglia, il 27,5% delle famiglie a rischio povertà relativa, il dato più alto in tutto il Paese se si pensa che la media nazionale è dell’11,1% e quella del meridione del 20,8%.
«Non si parla solo di persone disoccupate, per le quali continuiamo a ritenere indispensabile una seria politica attiva del lavoro e quindi investimenti in questa direzione da parte della Regione – sottolinea Ronzoni -. Ma anche di persone che lavorano da anni in condizioni precarie che non consentono alcuna progettualità ma una mera sopravvivenza».
Secondo l’Osservatorio statistico dell’Inps, il reddito medio pugliese è di 17.128 euro lordi annui. Si parla di 3mila euro in meno della media nazionale e addirittura seimila se il confronto è con i lavoratori dell’Emilia Romagna o del Trentino Alto Adige.
«Il livello delle retribuzioni è sostanzialmente invariato da circa trent’anni, e questo accade in tutto il Paese – dice Ronzoni -. Nel Mezzogiorno, in particolare, questo rende la situazione drammatica. L’attuale crisi economica ha ulteriormente aggravato la situazione contraendo il potere d’acquisto delle famiglie, non solo i lavoratori ma anche i pensionati che scontano da decenni questo immobilismo che continua a erodere le loro capacità di spesa. Non parliamo quindi di una crisi momentanea dovuta a cause esterne ma ad una situazione strutturale di lavoro povero».
Per Ronzoni «esiste una catena di creazione di povertà e disuguaglianza, le paghe sono troppo basse e la precarietà è troppo diffusa e all’interno di questa catena esistono forti disparità tra lavoratori e lavoratrici, con queste ultime lontane da una parità salariale reale e alle prese con una difficile conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Situazioni che si risolvono solo attraverso la contrattazione, attraverso la vigilanza del rispetto dei contratti nazionali, attraverso la riduzione di tutte quelle forme contrattuali precarie come il lavoro a tempo determinato, seguendo il modello spagnolo, la riduzione delle ore lavorative a parità di salario, la riduzione del cuneo fiscale e la decontribuzione della tredicesima e degli aumenti contrattuali. Le misure straordinarie messe in campo sinora hanno tamponato la situazione, ma l’inversione sarà possibile solo se ci sediamo al tavolo e discutiamo seriamente del futuro delle lavoratrici e dei lavoratori. Sono queste le priorità del Paese non l’autonomia differenziata che se attuata non potrà che aggravare queste disparità», conclude il segretario generale della Uil Puglia.