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Il premier Draghi pronto a impugnare lo stop sul nodo ferroviario di Bari sud

La decisione del Tar della Puglia che blocca i lavori del nodo ferroviario di Bari sarà impugnata subito. Questa la posizione presa da Palazzo Chigi. Il governo si opporrà a una deliberazione dei giudici amministrativi che rischia di fare scuola e rappresentare un grave problema. Si tratta di una delle prime opere già avviate con…

La decisione del Tar della Puglia che blocca i lavori del nodo ferroviario di Bari sarà impugnata subito. Questa la posizione presa da Palazzo Chigi. Il governo si opporrà a una deliberazione dei giudici amministrativi che rischia di fare scuola e rappresentare un grave problema.

Si tratta di una delle prime opere già avviate con il Pnrr che comprende una piccola variante di un tratto della statale 16, opera inserita nel più ampio progetto del nodo ferroviario di Bari, e della nuova rete ferroviaria di Lama San Giorgio, zona a sud del capoluogo pugliese, che include il raddoppio dei binari per una distanza di 10 chilometri.

Un investimento da 391 milioni, di cui 204 finanziati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che era già in realizzazione dopo una fase preliminare durata 15 anni.

Il progetto era stato approvato nel 2015 dopo i pareri dei ministeri e dei comuni di Bari e Triggiano, interessati all’area.

Nonostante l’appalto avviato, il Tar di Puglia ha accolto la richiesta sospensiva del ricorso avanzata dal primo cittadino di Noicattaro, Raimondo Innamorato insieme al comitato di cittadini “la vedetta di Lama”. Assistiti dall’avvocato Giacomo Sgobba e dall’avvocato Fabrizio Lofoco (per il Comune) hanno fatto ricorso contro Regione Puglia, Città metropolitana di Bari, Soprintendenza, ministeri di Cultura, Infrastrutture e Transizione ecologica e Rfi.

I ricorrenti lamentano che il tracciato individuato per il passaggio dei binari sia in una zona nel territorio del Comune di Noicattaro caratterizzato da alberi secolari e un insediamento archeologico, autorizzato in deroga al Piano paesaggistico regionale.

Stando all’ordinanza del Tar, «l’assenza di alternative localizzative e/o progettuali» non sarebbe stata adeguatamente motivata dai pareri tecnici, evidenziando al contrario che «alternative sembrerebbero essere emerse nel corso del procedimento». Di fatto il Tribunale amministrativo richiama gli enti a considerare un progetto alternativo a quello adottato.

Si attende ora l’epilogo con l’intervento della presidenza del consiglio decisa a non tollerare determinate prese di posizione.

Sul tema è intervenuto anche l’onorevole di Forza Italia, Gianluca Rospi: «Ora esiste seriamente il rischio che 406 milioni di euro, di cui la metà dei fondi arrivano dal PNRR, vadano in fumo. Una decisione incomprensibile, figlia della logica di veti, ricorsi e piccole resistenze territoriali, che non sempre mirano alla tutale dell’ambiente, quanto alla difesa di interessi logistici ed elettorali. Se la decisione non sarà revocata, il progetto dovrà ripartire da zero e probabilmente non sarà sviluppato nei tempi necessari per ottenere i fondi del Pnrr.  Per le proteste di pochi si sta bloccando un’opera strategica per la Puglia e il Sud Italia, perdendo l’occasione di portare finalmente a compimento un progetto che va avanti da anni» ha affermato in un post.

L’onorevole si augura che «il Consiglio di Stato annulli la miope ordinanza del Tar, consentendo all’intera Puglia di ottenere una infrastruttura fondamentale per lo sviluppo del territorio e per i cittadini».

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