Il pane fino a 6 euro al chilo: agroalimentare in difficoltà

Il pane sostenibile dal punto di vista ambientale dovrebbe costare più di sette euro al chilo. Il problema è che anche quello “normale” ha superato ampiamente i quattro. In Puglia si parte da 3,50 euro al chilo con picchi fino a 6 secondo gli ultimi numeri forniti da Coldiretti. Il dato sul pane sostenibile, emerso durante la quarta edizione della guida “Pane & panettieri d’Italia” di Gambero Rosso, racconta la distanza tra la necessità di giungere a una produzione a basso impatto ambientale con la realtà, fatta di rincari sempre più pesanti per le famiglie. Una crisi alimentare che, stando anche alle dichiarazioni del ministro dell’interno Luciana Lamorgese, a livello internazionale rischia di accrescere anche i flussi migratori. C’è però di più. Secondo una indagine realizzata da Prometeia-UniCredit, i rincari e le difficoltà nell’approvvigionamento delle materie prime stanno frenando l’intera attività economica agroalimentare. I danni sono particolarmente pesanti al Sud.

Piccoli non significa migliori

Basilicata, Calabria, Campania e Puglia contano oltre un terzo delle imprese italiane della filiera ma solamente il 14% del valore della produzione (il 5,8% in Puglia). Rispetto alla media nazionale, le aziende agricole meridionali hanno una taglia media del 55% inferiore (e nessuna ha un fatturato superiore ai 50 milioni di euro); quelle dell’industria alimentare del 42% e quelle dell’industria delle bevande del 70%. Le regioni del Sud assorbono inoltre solo il 16% dei prestiti bancari destinati all’agricoltura, destinandone una quota che varia tra il 40% della Campania e il 70% della Calabria (in Puglia il 51%) all’acquisto di macchinari. Tante aziende ma di piccola taglia, dunque, che mostrano maggiori difficoltà nell’affrontare l’ondata dell’inflazione e che non riescono ad imporsi sui mercati internazionali. «Il comparto dell’agrifood pugliese si conferma un settore trainante per l’economia della regione – ha affermato durante il forum di Acquaviva delle Fonti Leandro Sansone, responsabile territorial development per il Sud di UniCredit – ma per le imprese è fondamentale agire sul fronte dimensionale e non perdere l’opportunità del Pnrr per favorire la transizione digitale e sostenibile dei modelli di produzione in modo da intercettare nuove opportunità di valorizzazione dei propri prodotti».

L’export che non cresce abbastanza

Sempre lo studio di Unicredit, illustrato ieri ad Acquaviva delle Fonti in occasione del forum Food EXPerience, realizzato dalla banca in collaborazione con Confindustria Puglia e con l’associazione Cuore della Puglia, evidenzia come il Sud rappresenti solo il 12,6% delle esportazioni italiane del comparto. Il tutto in un panorama in cui l’export regionale del settore è cresciuto meno rispetto agli altri territori meridionali. Dal 2017 al 2021 la crescita, infatti, è stata al Sud del 5,4% mentre in Puglia si è fermata all’1,9% a causa, stando a quanto riporta lo studio, “soprattutto della mancata ripartenza nel 2021 delle esportazioni di prodotti dell’industria alimentare”.


Materie prime: prezzo giù non prima del prossimo anno

Mentre il costo del grano e dei cereali in generale continua a salire, anche a causa della guerra in Ucraina, lo studio Prometeia-UniCredit indica un possibile abbassamento dei prezzi solo a partire dal 2023. Sono il caldo e la siccità, però, le cause che possono procrastinare ulteriormente questo momento di sollievo per famiglie e imprese. L’innalzamento delle temperature, che in Puglia e Basilicata stanno sfiorando i 40 gradi, sta causando il proliferare di insetti e cavallette che danneggiano le piante, i frutti e il mais. Anche questo, oltre il procrastinarsi del conflitto in Ucraina, inciderà sul prezzo delle materie prime.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version