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Il bilancio della sanità. Le regioni battono cassa: servono 4 miliardi. In Puglia 400 mln

Covid, energia elettrica e riscaldamento: alla sanità pugliese servono 400 milioni di euro in più per il 2022. Cifra necessaria a scongiurare uno sforamento del bilancio come è accaduto nel 2021 quando, però, sono state sostenute spese per 540 milioni. Se l’altro ieri la Puglia ha superato le forche caudine uscendo a testa alta dal…

Covid, energia elettrica e riscaldamento: alla sanità pugliese servono 400 milioni di euro in più per il 2022. Cifra necessaria a scongiurare uno sforamento del bilancio come è accaduto nel 2021 quando, però, sono state sostenute spese per 540 milioni. Se l’altro ieri la Puglia ha superato le forche caudine uscendo a testa alta dal confronto con il Mef: pagato il disavanzo causa Covid
(118 milioni di euro) e ottenuta l’approvazione del bilancio 2021, le criticità permangono e preoccupano tutte le regioni.

Il fabbisogno complessivo è stato stimato in 4 miliardi, di cui 400 milioni servono alla Puglia. Il Governo ha riconosciuto i maggiori bisogni, ma al momento non c’è stata una precisa rassicurazione alle regioni.

Il famigerato Covid che figlia varianti come la più prolifera delle madri (con Omicron si è arrivati alla 4 e 5) ora presenta il conto economico, quello in vite umane è già stato altissimo e ora è, fortunatamente, contenuto dai vaccini che evitano ai contagiati la forma severa della malattia.

«C’è stato un notevole incremento dei costi sanitari – ribadisce l’assessore alla Sanità della Regione Puglia, Rocco Palese -: basti pensare a quanto sono costati i vaccini, i dispositivi di protezione individuale, il personale dedicato. Sono i cosiddetti costi aggiuntivi Covid che hanno caratterizzato il 2020, il 2021 e caratterizzeranno il 2022, coperti solo in parte dallo Stato. Le spese pro capite sono aumentate, ma siamo riusciti ad evitare che gravassero nuove tasse sui cittadini. Abbiamo stimato che per quest’anno serviranno 405 milioni in più di costi fissi, una previsione perché la spesa reale è difficile da stabilire. Le Regioni hanno già chiesto maggiori fondi: la pandemia non è finita e ci sono da considerare i maggiori costi per l’energia elettrica. Servirà un ulteriore stanziamento di quattro miliardi di euro. Dal Governo ancora non c’è stata alcuna rassicurazione, ma non disconosce le necessità. Non a caso nel Def parla dei costi sanitari aggravati dal Covid e dal caro energia».

I conti in tasca, dunque, le Regioni devono farli con l’occhio alla pandemia. E la situazione emerge chiaramente dall’analisi delle performance della sanità regionale realizzata dal Laboratorio Management e Sanità dell’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa su 10 Regioni: Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Marche, Puglia, Toscana, Umbria, Veneto, Lombardia, Piemonte e le due Province Autonome di Trento e di Bolzano. Il monitoraggio ha riguardato il 2020 (primo anno della pandemia), rispetto al 2019. I costi sanitari pro-capite sono aumentati dell’11%, circa 237 euro a cittadino, con un picco di quasi 600 euro nella Provincia Autonoma di Bolzano.

Il bilancio è considerato sulla base dell’analisi di 450 indicatori di performance che coprono sostanzialmente tutti gli ambiti del servizio sanitario.

Stando ai dati del Sant’Anna c’è una forte variabilità sia tra le Regioni che tra le Asl. La Provincia Autonoma di Bolzano fa caso a sé: è l’area del Paese in cui nel 2021 si è registrata la maggiore spesa sanitaria pro-capite (2.968 euro), sia quella in cui si è verificato il maggiore incremento rispetto al 2019 (+24%). Spesa elevata anche nella Provincia Autonoma di Trento (2.531 euro), che tuttavia è riuscita a contenere l’aumento di spesa entro il 10%. La spesa pro-capite inferiore si registra invece in Lombardia (2.164 euro). Ancora più ampia la differenza tra le Asl: il primato spetta ancora a Bolzano, mentre la Ausl 3 genovese, con 1.590 pro-capite, è quella in cui i costi sanitari per cittadino sono i più bassi. La maggiore variabilità, rileva il monitoraggio, si registra in ambito ospedaliero. È il caso, per esempio, dell’utilizzo di molecole a brevetto scaduto, indicatore in cui si osserva una forbice che va dal 71,32% della Lombardia al 97,82% di Trento. Un ultimo dato: dal monitoraggio emerge che ne due anni in cui la pandemia ha messo l’accento sul tema dell’assistenza territoriale, solo una piccola parte dell’aumento di spesa è stato destinato alla medicina generale. La spesa pro-capite per assistenza di medicina generale e pediatri di libera scelta è infatti sì cresciuta, ma in tutte le Regioni – salvo che in Toscana – l’incremento si è mantenuto entro il 5%.

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