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Giustizia, Emiliano: «La riforma non serve a nulla: è una vendetta postuma. Al referendum voterò “no”»

Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, magistrato in aspettativa, voterà “no” al referendum sulla riforma della giustizia.

Lo ha annunciato lo stesso governatore pugliese a margine delle celebrazioni per il 4 novembre, Giorno dell’Unità nazionale e Giornata delle Forze armate, che si è svolta stamattina al Sacrario militare dei Caduti d’Oltremare a Bari.

«Sono contrario allo spirito della riforma e anche ai suoi modi – ha affermato Emiliano -, perché la si fa cercando di indebolire sia i giudici sia i pubblici ministeri, che si riducono ad accusatori di professione per i quali il successo corrisponde solo alla condanna dell’imputato». Per Emiliano «si pongono le premesse per la sottoposizione dell’organo dell’accusa all’esecutivo, è un disastro che i padri costituenti non vollero e che nessuno dovrebbe perpetrare. Io stesso – ha spiegato – ho subito tante indagini. Le ho subite in silenzio, ho aspettato che un giudice mi assolvesse e non ho pensato alla riforma della giustizia perché qualcuno mi aveva fatto un processo».

Emiliano ha evidenziato che «purtroppo la giustizia commette tanti errori ma non è separando le carriere che si diminuiscono. Ma dando i mezzi. Questa riforma non accelererà i processi, non renderà più facile la vita degli imputati, quindi non serve assolutamente a nulla, è solo una vendetta che viene perpetrata postuma».

«Falcone? Era per l’indipendenza della magistratura. Non si chiamano a testimoniare i morti»

A chi gli chiedeva un commento sull’attribuzione a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino dell’appoggio all’idea della separazione delle carriere dei magistrati, Emiliano ha risposto: «Io per fortuna ho conosciuto quegli uomini, in questo momento parlare di loro è una cosa che non si fa. Non si chiamano a testimonianza i morti, soprattutto quando i morti non possono specificare il loro pensiero».

Il governatore pugliese ha ricordato che «tutti noi sappiamo che Falcone era per l’autonomia e l’indipendenza della magistratura e che non avrebbe mai accettato un pubblico ministero sperduto nell’universo e sottoposto alla pressione della politica».

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