Un appello forte, che mette al centro i più piccoli come simbolo di umanità da salvare. Padre Ibrahim Faltas, responsabile per la Custodia di Terra Santa delle relazioni con lo Stato d’Israele e con l’Autorità palestinese, ha affidato a una intervista rilasciata all’associazione di Latiano (Brindisi) “L’Isola che non c’è” parole di dolore e di speranza.
L’organizzazione ha candidato i bambini di Gaza al Nobel per la pace, e il francescano ha scelto di sottolineare proprio il loro ruolo: «Quello che succede ai bambini di Gaza colpisce la società civile israeliana, quello che è successo il 7 ottobre 2023 e quello che succede agli ostaggi colpisce la società civile palestinese».
L’impegno a favore dei più vulnerabili, spiega Faltas, incontra difficoltà enormi: «Non è stato facile fare uscire da Gaza i bambini bisognosi di cure e i loro familiari per farli arrivare in Italia. Ma ci sarebbero ancora migliaia di bambini che hanno bisogno di aiuto. Il cessate il fuoco, la tregua, forse ci darebbero ancora possibilità di salvare tante vite».
«Morte e indifferenza»
Il quadro che traccia è drammatico: «Per il momento a Gaza vedo solo morte e distruzione, silenzio e indifferenza, e purtroppo complicità di chi dovrebbe intervenire e non lo fa». Parole che riflettono la frustrazione di chi, da anni, tenta di costruire ponti in una terra segnata dalla violenza.
Secondo Faltas, un gesto concreto potrebbe arrivare anche dalla Chiesa italiana: «Una missione del presidente della Cei darebbe un ulteriore segno di vicinanza e di solidarietà alla Terra Santa e un’ulteriore richiesta di pace a chi può fermare l’assurdità della guerra».
Due popoli, due Stati
Il francescano insiste sulla necessità di rilanciare il percorso politico: «Bisogna continuare a lavorare per la soluzione “due popoli e due Stati”: il popolo israeliano ha diritto alla sua sicurezza, il popolo palestinese ha diritto ad essere riconosciuto in uno Stato e in una terra che abita da millenni».
Dal 7 ottobre 2023, quando l’attacco di Hamas ha innescato l’attuale fase del conflitto, «due popoli stanno soffrendo – osserva –. Il popolo israeliano piange e aspetta il ritorno degli ostaggi. Il popolo palestinese non ha più lacrime e desidera la pace».
«Non voltarsi dall’altra parte»
Ma il rischio, avverte padre Faltas, è che la tragedia diventi invisibile: «Sembra che le notizie e le immagini della sofferenza di Gaza non riescano a scuotere le coscienze dei potenti del mondo. Non bisogna girare la testa da un’altra parte, bisogna continuare ad avere negli occhi i bambini di Gaza e delle altre guerre. Guardare il mondo dalla loro prospettiva».
E conclude con una domanda che suona come monito: «Abbiamo fatto tutto il possibile per dare e avere pace?».