Le carte sarebbero in regola. Tutte. Ormai da diversi mesi, tra l’altro. E questa circostanza sarebbe emersa anche nel corso di un recente incontro tra la Regione Puglia e Palazzo Chigi. Lo scenario, relativo alla firma dell’accordo di coesione e allo sblocco delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione, trapela dagli uffici di lungomare Nazario Sauro e non fa altro che accrescere l’impazienza delle 2.700 imprese che attendono quei soldi per finanziare una serie di iniziative strategiche.
La nota
Il comunicato stampa diramato sabato pomeriggio da Palazzo Chigi ha destato sconcerto – o, forse, sarebbe meglio dire incredulità – negli uffici della Regione Puglia. In quelle poche righe il governo Meloni ha spiegato la causa che ostacolerebbe la firma dell’accordo di coesione, necessario per garantire alla Puglia risorse per circa 6,4 miliardi di imprese: la Regione avrebbe proposto progetti per 8,3 miliardi, ma questi stessi progetti risulterebbero fattibili soltanto per 5,7 miliardi. In più, sempre nel comunicato stampa diramato due giorni fa, Palazzo Chigi ha chiarito che il Dipartimento per le politiche di coesione avrebbe inviato alla Regione Puglia una nota per sollecitare le integrazioni e i chiarimenti indispensabili alla “limatura” dell’accordo di coesione e alla sua successiva firma.
Il retroscena
Peccato, però, che a Bari la pensino diversamente da Roma. Già, perché negli uffici di lungomare Nazario Sauro c’è chi sostiene che la nota del Dipartimento per le politiche di coesione non sia stata mai recapitata. Non solo: le schede relative ai progetti da finanziare con le risorse del Fondo di sviluppo e coesione sarebbero perfettamente in regola da tempo. Anzi, questa circostanza sarebbe emersa con evidenza da un recente colloquio intercorso tra i tecnici della Regione e quelli di Palazzo Chigi. Ragion per cui non si giustifica il ritardo della firma dell’accordo di coesione, attesa ormai da più di un anno non solo dalla Regione Puglia ma soprattutto da migliaia di imprese attive sul territorio.
Le imprese
Sono proprio le imprese quelle più penalizzate dal ritardo nella firma dell’accordo di coesione. In attesa ci sono circa 2.700 aziende che, mentre la politica nazionale traccheggia, si sono viste costrette ad accendere mutui a cifre blu per finanziare una lunga serie di progetti strategici. Ecco spiegato il pressing che tanto il presidente pugliese Michele Emiliano quanto i vertici locali di Confindustria stanno esercitando sulla premier Giorgia Meloni: l’accordo di coesione e lo sblocco delle risorse dell’Fsc non possono più aspettare, in gioco c’è il futuro dell’economia di un’intera Regione.