Uno strumento di regolazione della crisi della società, che preservi i posti di lavoro dei dipendenti e gli interessi dei creditori, assicuri il regolare svolgimento del servizio di trasporto, garantisca l’attuazione del piano di investimenti da 1 miliardo di euro. È la richiesta presentata nelle scorse ore al tribunale di Bari dalle Ferrovie del Sud-Est.
Il ricorso
“Nell’ambito di esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato del 5 agosto 2024 – si legge in un comunicato della società – ha presentato il 31 dicembre 2024, domanda con riserva di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi della società. La decisione si configura come la soluzione più adeguata a fronteggiare l’attuale situazione patrimoniale e a garantire al contempo la continuità operativa, la tutela del valore dell’impresa e la salvaguardia degli interessi di tutte le parti coinvolte”.
Le motivazioni
Lo scorso 5 agosto, infatti, il Consiglio di Stato aveva stabilito l’illegittimità degli atti con i quali nel 2016 erano stati stanziati 70 milioni di euro da parte del ministero delle Infrastrutture per il salvataggio delle Ferrovie del Sud est (all’epoca l’azienda era commissariata) e venne deciso il trasferimento da Fse a Ferrovie dello Stato. Si sarebbe trattato, secondo la sentenza, di un aiuto di Stato non autorizzato, in violazione dei principi di concorrenza.
L’occupazione
Ferrovie del Sud Est in questo modo intende preservare i posti di lavoro dei propri dipendenti ma allo stesso tempo anche l’interesse dei creditori, assicurare il regolare svolgimento del servizio di trasporto pubblico e proseguire nella realizzazione del piano di investimenti di un miliardo di euro finanziato anche con fondi PNRR.
L’impegno
La Società conferma, in conclusione, il proprio impegno “a continuare ad operare nell’interesse della collettività e a garantire il miglior risultato possibile per tutti gli stakeholder coinvolti”. Nessuno scossone per il Cda che resterà invariato fino alla naturale scadenza, né cambierà nulla dal punto di vista operativo, in quella che di fatto si profilerà come una sorta di cogestione tra vertici aziendali e commissari che saranno nominati dal tribunale, dopo aver esaminato tutti i documenti.