«La decontribuzione per il Sud non può essere una misura a intermittenza». A lanciare l’appello è Sergio Ventricelli, presidente di Confimi Industria per la Puglia, che richiama il governo alla coerenza e alla visione strategica nel sostenere il tessuto produttivo meridionale.
«Se si decide di azionare certe leve – dice l’imprenditore pugliese – bisogna farlo con coerenza, garantendo continuità, perché per le aziende è fondamentale». La misura della decontribuzione, che consente alle imprese del Mezzogiorno di risparmiare parte del carico fiscale sui lavoratori, rappresenta secondo Ventricelli un primo passo necessario, ma non del tutto sufficiente.
Reinvestire
«Va benissimo l’idea di risparmiare sui contributi, soprattutto per le imprese del Sud – sottolinea – ma se poi queste risorse devono essere reinvestite in ricerca e sviluppo, allora bisogna andare oltre. Perché altrimenti è come spostare la stessa coperta da una parte all’altra, ma il problema resta». Ventricelli richiama dunque l’attenzione sulla pressione fiscale che grava ancora in modo significativo sulle imprese: «Fino a qualche anno fa avevamo una pressione fiscale superiore al 54%, oggi siamo intorno al 43-44%. È comunque tantissimo. E se da quei risparmi ci si aspetta anche che le imprese finanzino ricerca, sviluppo, innovazione, allora occorre offrire ulteriori strumenti».
Non si ferma, insomma, il dibattito sulla nuova decontribuzione Sud. A far discutere è innanzitutto l’importo del beneficio: l’esonero contributivo passa dal 30% al 25% per l’anno 2025. Ma soprattutto viene introdotto un tetto massimo di retribuzione imponibile su cui calcolare l’agevolazione. Tradotto in termini pratici, il contributo massimo riconoscibile scende a 145 euro mensili per ogni lavoratore. Inoltre, il beneficio sarà concesso solo per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato già in essere al 31 dicembre 2024. Questo significa che le nuove assunzioni effettuate nel corso del 2025 non potranno accedere allo sgravio.
Una scelta che ha generato particolare disappunto tra le imprese che avevano pianificato nuove assunzioni sfruttando proprio questo strumento. Uno degli elementi più controversi della nuova misura è l’effetto penalizzante per le grandi imprese. L’introduzione del tetto di imponibile annuo su cui calcolare l’esonero taglia fuori, di fatto, tutte le aziende che impiegano personale con qualifiche e retribuzioni superiori alla soglia. Escluderle da uno strumento di politica attiva significa, però, rinunciare a una leva strategica per lo sviluppo del Mezzogiorno.
I numeri
I dati del 2024 parlano chiaro: sono stati oltre 845.000 i contratti agevolati grazie alla decontribuzione Sud, con un aumento del 42,7% rispetto all’anno precedente. Un segnale inequivocabile del valore che questa misura ha avuto per il mercato del lavoro.