La Decontribuzione Sud torna al centro del dibattito economico e politico. La misura starebbe infatti generando una profonda distorsione della concorrenza tra le imprese operanti nel Mezzogiorno. In altre parole, gli imprenditori evidenziano come, invece di promuovere una crescita equilibrata del tessuto produttivo, il meccanismo attuale finisce per avvantaggiare solo alcune categorie di aziende, penalizzando, in particolare, le grandi realtà industriali. Un paradosso che rischia di compromettere la competitività complessiva del Sud, e con essa le prospettive occupazionali e di sviluppo del territorio.
La criticità
La nuova formulazione della misura restringe, infatti, il campo d’azione: lo sgravio del 25% sui contributi previdenziali, fino a un massimo di 145 euro mensili per ciascun lavoratore, è attualmente riservato esclusivamente alle micro, piccole e medie imprese che hanno effettuato nuove assunzioni a tempo indeterminato entro il 31 dicembre dell’anno scorso. Alle grandi imprese, invece, restano solo benefici marginali, limitati ai lavoratori già assunti prima del 30 giugno 2024, con una riduzione progressiva dell’incentivo fino al 15% nel 2029 e con un massimo di 75 euro mensili per ciascun lavoratore.
Ma la questione più urgente, secondo gli imprenditori locali è che, in caso di cambio appalto, se una nuova azienda subentra e riassume lo stesso personale impiegato in precedenza, non può più accedere alla decontribuzione. L’impresa uscente, invece, mantiene il diritto agli sgravi. Ne deriva, dunque, una disparità di trattamento su personale identico e stabilizzato, che danneggia i nuovi operatori economici, creando un effetto distorsivo nel mercato del lavoro locale.
Gli effetti
Le conseguenze di questa impostazione si fanno già sentire, in particolare in regioni come la Puglia, dove le grandi aziende rappresentano un pilastro strategico dell’economia. La normativa, così concepita, starebbe infatti scoraggiando nuovi investimenti e rischia di spingere le imprese più strutturate a rivedere la loro presenza sul territorio, a vantaggio di aree dove il costo del lavoro è più competitivo. Le imprese segnalano, inoltre, difficoltà amministrative che rallentano le assunzioni e frenano la programmazione aziendale.
La logica che sottende alla misura, ovvero quella di favorire le piccole realtà, è condivisa in linea di principio, ma potrebbe generare effetti controproducenti se applicata in modo rigido e selettivo. Penalizzare le grandi imprese, insomma, soprattutto in territori dove il lavoro stabile è già una conquista fragile, potrebbe rivelarsi un errore strategico. Per questo, la richiesta degli imprenditori pugliesi è di rivedere subito la misura, creando condizioni eque per tutte le imprese, valorizzando chi investe e crea occupazione, a prescindere dalle dimensioni.