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Cresce ancora la spesa per le protesi in Puglia: conti in rosso a Bari e Lecce. Bene Foggia

Schizza nel 2023 la spesa per l‘acquisto di protesi e dispositivi sanitari con un report da brividi e uno splafonamento accertato di oltre 173 milioni di euro rispetto a una spesa di 537 milioni di euro nel 2022 e un tetto prestabilito di 362 milioni di euro. In sostanza due milioni di euro in più della spesa di un anno fa quando fu chiesto di stringere al massimo la cinghia. Una tegola per i direttori generali di Asl, grandi ospedali e Ircss, già nell’occhio del ciclone per il superamento dei tetti di spesa per l’acquisto diretto dei medicinali da oltre 200 milioni di euro.

Lo shopping compulsivo si conferma anche per la protesica con un surplus del 46 per cento rispetto al tetto regionale per le forniture di stent cardiaci, carrozzine, pannoloni, ma anche aghi e siringhe. I dati del dipartimento salute non lasciano scampo ai manager sanitari, peraltro più volte obbligati nel corso dello scorso anno a contenere i costi, monitorar gli appalti, verificare l’appropriatezza.

Delibere taglia spesa che sono state sostanzialmente ignorate con i risultati catastrofici registrati in tutto l’anno solare e in particolare nell’ultimo quadrimestre del 2023 che ha visto in particolare quattro aziende finire nella black list degli sprechi fra cui la Asl di Lecce con un incremento di 3,3 milioni di euro e la Asl Bari per 2,6 milioni di euro. Lo stesso trend registrato nel corso dei 12 mesi precedenti con l’Asl Bari che ha fatto la parte del leone nei costi, collezionato un eccesso sulla protesica superiore ai 37 milioni di euro, seguita da Lecce a 36,9 milioni, da Taranto che ha chiuso a 22,7 milioni, Policlinico di Bari a 22,3 milioni, Foggia a 14,7 milioni, Bat a 13,2 milioni, Brindisi a 12,5 milioni, l’Ircss De Bellis con 4,1 milioni e l’Oncologico con 1,2 milioni aggiuntivi.

L’unica azienda virtuosa è il Policlinico di Foggia che ha realizzato un risparmio di 4,2 milioni di euro. Troppo poco per non portare acqua al mulino della legge Amati che dal 2022 impone la decadenza per i direttori generali che non rispettano i tetti di spesa per la farmaceutica. In realtà qualche mese fa fu bocciato un altro testo simile che prevedeva la stessa sanzione in caso di spese folli nel campo di protesi e dispositivi sanitari. Tuttavia la rimozione rappresenta in ogni caso un provvedimento “estremo” che, dal canto loro, i manager e per loro conto la Fiaso, il sindacato di categoria, ha rispedito al mittente considerando che ci sono casi in cui si può individuare una colpa nella gestione e altri in cui non è possibile farlo considerando la natura privatistica dei contratti dei direttori delle aziende sanitarie.

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