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Conto alla rovescia sui fondi di coesione per la Puglia mentre le imprese preparano i ricorsi

Dopo due anni di vana attesa restano al palo gli aiuti della coesione alla Puglia congelati dal governo Meloni. Un braccio di ferro infinito che sembrava chiuso un mese fa quando era stata preannunciata la firma sull’accordo di coesione alla Puglia da 6,5 miliardi di euro. E invece da allora tutto tace, o quasi, fra…

Dopo due anni di vana attesa restano al palo gli aiuti della coesione alla Puglia congelati dal governo Meloni. Un braccio di ferro infinito che sembrava chiuso un mese fa quando era stata preannunciata la firma sull’accordo di coesione alla Puglia da 6,5 miliardi di euro. E invece da allora tutto tace, o quasi, fra notizie contrastanti o, peggio, versioni di facciata da Roma e dalla Puglia.

Le prospettive

Fonti ministeriali parlano di uno spiraglio di luce apertosi nelle ultime ore con un termine indicativo di dieci giorni. La dead line potrebbe essere fra una decina di giorni dopo l’insediamento dell’ex ministro Raffaele Fitto atteso per il 27 novembre nel nuovo e prestigioso incarico di vice presidente della commissione europea. Dalla regione Puglia, però, non arriva nessuna conferma. La partita, dicono, resta ferma al Var della quota di Fsc, 700 milioni di euro, destinati a circa 2500 aziende pugliesi con investimenti programmati per oltre un miliardo di euro e centinaia di migliaia di posti di lavoro. Roma per la prima volta ha eccepito l’uso degli aiuti alle imprese mentre la Puglia lo rivendica a tutti i costi tanto che il governatore Emiliano ha negato la firma sull’accordo di coesione in caso di mancata liquidazione degli incentivi.

Uno scontro silente e misterioso in cui nessuno dei due contendenti ha spiegato sinora fino in fondo le motivazioni del blocco dei fondi e cosa abbia originato la contrapposizione su un pezzo della coesione da sempre utilizzato al Sud per colmare il divario con il Nord. Nel mezzo le imprese pugliesi da mesi in lista d’attesa per lo sblocco di aiuti dovuti che hanno determinato la firma su costose fideiussioni bancarie e in molti casi l’apertura dei cantieri. Una situazione kafkiana che ha messo sulla graticola maxi investimenti per allargare i capannoni o aumentare la produzione.

Le future mosse

Da qui il malcontento delle aziende che esasperate per i progetti da troppo tempo in ghiacciaia stanno affilando le armi. Il prossimo passo, per molti versi l’estrema ratio, sarà l’avvio di una sorta di class action, il deposito di ricorsi fotocopia dinanzi alla giustizia amministrativa per ottenere dalla regione Puglia, in luogo dei ministeri inerti, i 700 milioni di finanziamenti con annesso conteggio dei risarcimenti. Una scorciatoia in teoria resa possibile dal fatto che gli uffici regionali hanno dichiarato ammissibili i progetti con una graduatoria pronta da mesi a cui manca solo l’atto finale dell’erogazione. E così gli studi legali sono al lavoro per preparare i ricorsi delle imprese mentre i palazzi regionali tremano visto che in caso di accoglimento i 700 milioni dovranno uscire dalle casse regionali con il rischio per i conti regionali.Liliana Iaccarino

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