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Confindustria Bari-Bat, Aprile presidente: «Se crescono le imprese, cresce l’occupazione» – L’INTERVISTA

È il più giovane presidente territoriale mai eletto in Confindustria: Mario Aprile, con il 95,5% dei voti dell’Assemblea generale degli imprenditori, guiderà Confindustria Bari e Bat per il quadriennio 2025-2029. Una nomina che sa di svolta generazionale e di visione strategica, tra innovazione tecnologica, occupazione giovanile e parità di genere.

Presidente, Lei arriva alla guida di Confindustria Bari-Bat con un consenso schiacciante e in un momento delicato per l’economia. Qual è il primo messaggio che vuole lanciare?

«Che le imprese non sono entità distanti dalla società. Se le aziende crescono, cresce l’occupazione. E se cresce l’occupazione, si combatte la piaga dell’esodo giovanile che per troppo tempo ha impoverito il nostro territorio. Il nostro compito è duplice: formare profili professionali in linea con le esigenze delle aziende e creare le condizioni affinché le imprese possano investire e svilupparsi qui».

Quali strumenti immagina per contrastare il mismatch tra domanda e offerta di lavoro?

«Collaboreremo in modo sistemico con università, istituti e scuole. Serve un’invasione “pacifica” del mondo formativo da parte delle imprese. Gli studenti devono entrare presto in contatto con le aziende, per comprendere i fabbisogni reali. Vogliamo creare percorsi condivisi, con personale aziendale coinvolto nella formazione. E parallelamente le imprese devono essere messe nelle migliori condizioni per crescere: costi energetici sostenibili, infrastrutture adeguate, burocrazia semplificata. Vogliamo replicare in ambito manifatturiero il miracolo che è stato fatto nel digitale e nel turismo».

L’occupazione femminile resta drammaticamente bassa. Quali azioni intende mettere in campo Confindustria per superare questa disuguaglianza?

«Il vero contrasto all’inverno demografico si gioca sull’inclusione lavorativa delle donne. In Puglia, i tassi di occupazione femminile sono ancora lontanissimi dalla media europea. Non possiamo accettarlo. Ma il problema non è solo culturale: mancano servizi essenziali per l’infanzia e per gli anziani. Dobbiamo lavorare affinché le donne possano scegliere liberamente se lavorare, senza essere costrette a rinunciare per mancanza di alternative».

Quali settori strategici ritiene prioritari per la crescita?

«Tanti. L’agroalimentare, per esempio, ha una produzione ricchissima ma poca trasformazione. Serve sviluppare nuove filiere, nuovi impianti, nuovi progetti industriali. Poi c’è il digitale: abbiamo bisogno di Academy per formare competenze e aiutare le aziende a orientarsi, anche nell’uso dell’intelligenza artificiale. Vogliamo creare un AI Strategic Lab con università e centri di eccellenza».

La Zes è uno degli strumenti più attesi dal mondo imprenditoriale del Sud. Qual è la sua posizione in merito?

«Le Zes sono uno strumento potente, ma solo se sono strutturate su un orizzonte temporale medio-lungo. Il rischio oggi è che le imprese non riescano a pianificare investimenti complessi per via di scadenze troppo ravvicinate o regole poco chiare. Serve una Zes Unica che duri almeno cinque anni, con regole stabili e procedure snelle. Questo è l’unico modo per renderla realmente attrattiva per nuovi insediamenti produttivi. Le imprese hanno bisogno di certezze e tempi tecnici compatibili con la natura stessa degli investimenti industriali».

I dazi e le tensioni geopolitiche rischiano di penalizzare pesantemente l’export. Le imprese locali come possono essere supportate in questo scenario?

«Potenziando reti, partnership e accompagnamento sui mercati. Dobbiamo aiutare le aziende ad aprirsi a nuovi mercati, diversificare e affrontare con consapevolezza i cambiamenti globali».

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