Traino dell’economia della Puglia e della Bat, l’agricoltura sostenibile è una delle grandi sfide che attendono il nostro territorio. Le risorse stanziate dal Pnrr cambieranno il volto delle aziende agricole e dei mezzi a disposizione degli imprenditori e degli operatori. Gli obiettivi sono diversi: modernizzare il settore e rendere i processi più competitivi. Ma il comparto sarà in grado di portare miglioramenti concreti per tutta la filiera? Ne parliamo con Michele Laporta, presidente della Op Agritalia, organizzazione di produttori con sede a Barletta. Dal 2011 portano in commercio 4mila tonnellate di uva da tavola, pugliese e siciliana. L’organizzazione utilizza tecniche innovative per il monitoraggio della intera filiera dal campo al supermercato, mentre un sistema di Dss (supporto alla decisione) offre soluzioni Hi-Tech per la gestione razionale e sostenibile delle colture.
Il mercato principale è l’Italia per l’85%, fra grandi player della grande distribuzione organizzata e i mercati generali. Sul piano della sostenibilità, Op Agritalia nel 100% delle superfici coltivate ha eliminato gli erbicidi “Glifosate Free”, mentre il 15% viene condotto con metodo biologico (entro il 2025 l’obiettivo è raggiungere il 40%). Sul piano umano, invece, per favorire una nuova prospettiva di lavoro e di integrazione sociale, l’Op ha realizzato il progetto “Primo Passo” (nato attraverso una partnership insieme alla Caritas Diocesana e alla cooperativa sociale “Terre Solidali”) grazie al quale si garantisce a lavoratori disagiati a rischio di sfruttamento un’occupazione stabile legale e un luogo di ascolto, orientamento e tutela.
Si parla sempre più di economia circolare e agricoltura sostenibile: quanto è stato fatto finora in Puglia e quanto si potrà ancora fare?
«Il tema dell’agricoltura sostenibile è molto importante, soprattutto in Puglia dove sono oltre 10mila le aziende che puntano sul bio. Molti operatori del settore biologico riscontrano difficoltà ad accedere al mercato per cui sarebbe molto utile organizzare la filiera e rendere i consumatori consapevoli al consumo di tali prodotti».
L’economia della Bat si basa fortemente sull’agricoltura, trattandosi di un settore strategico: secondo lei, le aziende sono pronte alle sfide future?
«Nella Bat l’agricoltura rappresenta da sempre un settore strategico. Le aziende agricole cercano di essere al passo con i tempi ma, a causa delle difficoltà che quotidianamente devono affrontare, non sempre ci riescono. Complice la pandemia e la guerra delle materie prime, difficilmente possono ritenersi pronte ad affrontare le sfide future».
Ammontano a oltre 7 miliardi i fondi del Pnrr stanziati per rendere l’agricoltura più competitiva e sostenibile. Ma sarà importante tutelare sempre il territorio. C’è il rischio che questo non accada?
«Per l’agricoltura i fondi del Pnrr saranno una risorsa importante. Numerose le aziende che stanno ricorrendo a questo strumento finanziario ma questo potrebbe non rendere l’agricoltura “più competitiva”. Penso che le sfide future si affrontino con delle filiere organizzate, con strategie comuni, con una pianificazione e con una visione degli obiettivi. Purtroppo il tessuto delle aziende agricole pugliesi, e ancor di più delle aziende della Bat, è troppo piccolo e l’insufficiente propensione all’aggregazione potrebbe causare degli investimenti ridondanti».
Sono previsti anche progetti trasversali che uniscono ad esempio l’agricoltura con la cultura e la tecnologia. Servono, quindi, competenze in più ambiti. Non crede che in questo modo le aziende agricole più tradizionali vengano tagliate fuori? Come arginare questo problema?
«Ben vengano progetti innovativi che aggreghino le aziende. Certo, il rischio che alcune aziende tradizionali possano non approfittarne nell’immediato è un rischio concreto ma d’altra parte ci vuole una locomotiva forte che sia in grado di trainare il settore. In ogni caso l’innovazione e la ricerca sono due dei fattori tra i più trascurati nella nostra Provincia per cui non lo vedo come un problema ma come una opportunità».
Sono previste anche risorse per contrastare il fenomeno del caporalato. Crede che basteranno per evitare lo sfruttamento dei lavoratori?
«Il caporalato, o qualunque situazione di sfruttamento, andrebbe perseguito e contrastato con ogni forza e da ogni fronte. Credo che ultimamente l’ispettorato del lavoro abbia effettuato molte assunzioni per cercare di arginare il problema, ma se parliamo solo di repressione del fenomeno vuol dire che la situazione è sfuggita di mano alle istituzioni. Ritengo che attivare dei flussi migratori sia una valida soluzione al problema del caporalato, anche al fine di sopperire alla mancanza di personale, un problema che, mai come in questo momento storico, sta mettendo a dura prova l’intero comparto agricolo».