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Cinema, Lino Banfi: «Pio e Amedeo registi? Bravi e puntigliosi» – L’INTERVISTA

Lino Banfi, 89 anni e una carriera che attraversa più di mezzo secolo di cinema, torna sul grande schermo nel nuovo film di Pio e Amedeo, «Oi Vita Mia», in uscita nelle sale il 27 novembre. Con la consueta ironia e una tenerezza disarmante, racconta la sua esperienza sul set, il rapporto con la memoria,…
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Lino Banfi, 89 anni e una carriera che attraversa più di mezzo secolo di cinema, torna sul grande schermo nel nuovo film di Pio e Amedeo, «Oi Vita Mia», in uscita nelle sale il 27 novembre. Con la consueta ironia e una tenerezza disarmante, racconta la sua esperienza sul set, il rapporto con la memoria, e la sua idea della vita (e della morte).

Banfi, è appena stato protagonista del nuovo film di Pio e Amedeo, che uscirà a breve. Ce ne parla?

«Proprio ieri Pio mi ha detto che la locandina del film uscirà con i nostri nomi, e che il mio sarà scritto prima del titolo. Mi sono quasi imbarazzato: ho pensato che la gente avrebbe creduto fossi uno dei protagonisti principali. Ma Pio mi ha rassicurato: anche se appaio meno di loro, il mio personaggio è fondamentale per la storia».

Che ruolo interpreta?

«Un ex professore di filosofia, ricoverato in un istituto. Filma tutto con una macchina fotografica e una videocamera: ogni giorno registra la propria vita, perché teme di perdere la memoria. Dice: “Sono sulla strada dell’Alzheimer, ma non ce l’ho ancora”. Così, quando dimentica qualcosa, può rivedersi e ricordare. È un personaggio colto, buono, che cerca di mettere in comunicazione due mondi opposti: quello degli anziani e quello dei giovani. Dice che bisogna unire “l’alfa e l’omega”, due generazioni lontane ma necessarie l’una all’altra. È una storia anche morale, piena di speranza».

Che impressione le hanno fatto Pio e Amedeo come registi?

«Sono bravissimi. È la loro prima regia, ma lavorano con precisione e passione. Gli ho detto: “Ora sono chezzi vostri, dopo il primo dovete girarveli tutti voi i film” (ride, ndr). Io li conoscevo già, sono pugliesi come me. Anni fa feci una famosa pubblicità in cui dicevo il mio “porca puttena”. Funzionò benissimo, ma ci furono tante polemiche. Pio e Amedeo per difendermi dalle critiche, durante una serata a Verona con Carlo Conti, fecero gridare a ventimila persone “porca puttena” in coro. Da quel momento ci siamo promessi di lavorare insieme, e finalmente è successo».

Nel tempo i suoi personaggi sullo schermo sono cambiati molto. Come ha vissuto questa evoluzione?

«Bene, perché l’ho costruita io, passo dopo passo. Come un muratore che impara tecniche sempre nuove per rendere il suo lavoro più solido. Così ho fatto con i miei personaggi: li ho fatti crescere, li ho resi più credibili. Oggi la gente si fida di Banfi anche quando fa ruoli più seri».

Il ruolo che le piacerebbe interpretare?

«Vorrei fare un cattivo. Magari un uomo come il protagonista di «Un borghese piccolo piccolo» con Alberto Sordi: una persona normale che, dopo tante ingiustizie, si vendica. Mi piacerebbe interpretare un giudice tormentato, che ha condannato tanti ma porta dentro il peso delle sue scelte. Un ruolo così, pieno di contraddizioni, alla soglia dei novant’anni mi affascina».

Come sta vivendo questa fase della vita?

«Mi trovo bene. A novembre riceverò un premio a Montecarlo da Ezio Greggio e forse dirò qualche parola in francese. Mi piace scherzare: dico che ho incontrato la morte, ma non mi fa più paura. Ho scoperto che non è “la morte”, ma solo “morte”, perché non ha sesso. Le dico: “Stai un po’ lontano, non c’è fretta. Ci vediamo con calma”. E mi risponde: «Va bene, aspetterò».

È un dialogo che immagina spesso?

«Sì. Alla morte dico: “Vai a sbrigare le tue cose, io ho ancora i tempi supplementari e i rigori da tirare”. È un modo per esorcizzare la paura».

Crede ci sia qualcosa dopo?

«Sì. So che avrò da fare anche lì. Mia moglie Lucia, che se n’è andata, mi ha detto che Totò mi aspetta. Mi ha raccontato che vuole lavorare con me, far ridere insieme anche lassù».

Come vorrebbe essere ricordato tra cinquant’anni?

«Papa Francesco una volta mi disse una cosa bellissima: “Tu non lasci solo dei film, hai inventato un linguaggio”. E aveva ragione. Non è solo questione di personaggi, ma di parole, di modo di parlare. Oggi anche in politica qualcuno cita le mie espressioni. È questo il mio lascito: un linguaggio comico che resta».

C’è un suo film che le piacerebbe rifare?

«Vieni avanti cretino. È quello più libero, senza trama rigida. Si presta a tutto e fa sempre ridere».

C’è qualcuno con cui le piacerebbe lavorare oggi?

«Le nuove generazioni, i quarantenni e i cinquantenni, sono bravissimi e molto più belli di noi comici di un tempo. Tra le donne, mi piacerebbe lavorare con Luisa Ranieri. È brava davvero. E poi, certo, con Checco Zalone o ancora con Pio e Amedeo: con loro potremmo fare dieci film insieme».

Ci sarà mai un altro Lino Banfi?

«Non credo. È difficile costruirne uno così, passo dopo passo».

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