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Atti intimidatori, l’ex magistrato Emiliano: «È cambiata la lotta politica nei piccoli Comuni pugliesi» – L’INTERVISTA

Sono 85 gli atti intimidatori nei confronti degli amministratori pubblici nel 2024: il 2025 registra purtroppo una statistica in salita. Presidente Emiliano, da ex magistrato, cosa sta succedendo in Puglia? «Purtroppo sta succedendo quello che succede in Italia e in Puglia da sempre: sono tantissimi gli amministratori pubblici che vengono minacciati con vari mezzi. Siamo…
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Sono 85 gli atti intimidatori nei confronti degli amministratori pubblici nel 2024: il 2025 registra purtroppo una statistica in salita.

Presidente Emiliano, da ex magistrato, cosa sta succedendo in Puglia?

«Purtroppo sta succedendo quello che succede in Italia e in Puglia da sempre: sono tantissimi gli amministratori pubblici che vengono minacciati con vari mezzi. Siamo arrivati al punto, in Puglia, da spedire proiettili perfino ai deputati della Repubblica; mi riferisco a Stefanazzi. È una abitudine che non necessariamente è collegata alla criminalità organizzata e che temo sia diventato un modo attraverso cui alcuni fanno lotta politica. Temo che la politica abbia cambiato linguaggio. Cercherei di capire se non ci sia un imbarbarimento della dialettica politica. Perché, sinceramente, che un’organizzazione criminale strutturata si incarichi di spaventare sindaci, deputati, consiglieri comunali, senza che peraltro sia facile capire qual è l’origine e la motivazione di questi atti mi sembra molto strano. Purtroppo, alle volte, soprattutto nelle città più piccole il conflitto politico è così violento che non possiamo escludere che qualcuno si sia ridotto a utilizzare questi metodi per venire a capo di alcune vicende amministrative locali».

Perché è così violento lo scontro nelle città più piccole? Quali sono gli interessi in ballo?

«Più che gli interessi, è la violenza del confronto ravvicinato che porta a queste conclusioni. Di solito sono vicende che riguardano l’edilizia, l’urbanistica, o che potrebbero anche riguardare gare di appalto, servizi pubblici. Normalmente cose non particolarmente rilevanti, ma che evidentemente nel contesto nei quali si svolgono assumono un’importanza talmente grande da motivare azioni di questo tipo».

È cambiato qualcosa dall’operazione Primavera o c’è una recrudescenza preoccupante?

«Le organizzazioni mafiose di primo livello, per quella che è la mia esperienza, non incendiano le automobili dei sindaci. È molto più probabile che criminali locali, anche facenti parte di queste organizzazioni, non possiamo escluderlo, vengano in qualche modo evocati o ingaggiati per fare azioni del genere, ma questi fatti, normalmente, hanno radici dentro le dinamiche amministrative dei Comuni. Non coinvolgono necessariamente le organizzazioni mafiose nel loro complesso. Anche perché, purtroppo, l’organizzazione mafiosa che decide di agire contro un sindaco, un amministratore pubblico, contro un carabiniere o un magistrato, alle volte non si limita a piccole intimidazioni e ha modi di intimidire molto più convincenti che quelli di incendiare un’automobile».

Ma stanno alzando in tiro? Questo lo possiamo dire?

«Non mi pare che ci sia una recrudescenza. Il tiro è alto da anni, solo che purtroppo si ignorano questi fenomeni. A Ostuni è stata trovata una bomba a mano, in qualche modo riferita al sindaco; città non lontana da Oria. Più in generale c’è un clima nei confronti dei sindaci e degli amministratori pubblici molto pesante da anni».

Ma perché? Il sindaco fa così paura oggi rispetto al passato?

«Il sindaco non fa paura. Il sindaco prende decisioni, alle volte molto banali apparentemente: dove mettere un cassonetto, come organizzare un mercato, se una strada deve avere il senso unico oppure no. Sono cose che, per chi fa l’amministratore pubblico sono considerate di piccolo livello, nessuno sospetterebbe che possano provocare fatti gravi. Ma per chi subisce queste decisioni può essere che ci si senta sopraffatti dall’esercizio di questi poteri. E non è escluso che qualcuno, anche imitando fatti più gravi, possa anche chiedere aiuto alle organizzazioni criminali. Perché no, questo può succedere. Ma che le organizzazioni abbiano interesse va dimostrato caso per caso».

Mafia e mazzette, c’è rapporto?

«La mafia non paga mazzette, e non ne ha bisogno. La mafia ha argomenti più convincenti per corrompere qualcuno. Chiede e chi riceve la richiesta normalmente si comporta di conseguenza. Ma le mafie pugliesi raramente sono arrivate a un livello di evoluzione tale da entrare nel gioco amministrativo dei piani regolatori o delle scelte strategiche. Non ho avuto questa impressione. Però ripeto: tutto salvo prova contraria. Mentre abbiamo, purtroppo, assistito a fatti gravissimi che hanno pure riguardato persino la magistratura stessa. C’è stato un numero molto altro di magistrati che sono stati arrestati in questi anni per fatti gravissimi di varia natura. Quelli sono fatti provati. Se avessi dovuto immaginarli, avrei escluso che un magistrato potesse arrestare qualcuno e farsi dare i soldi per liberarlo. Purtroppo è successo. È quindi è chiaro che questi fatti vanno guardati uno per uno, non come un fenomeno. Resta il fatto, però, che è molto facile – quando uno si arrabbia con un vigile urbano, un carabiniere, con un sindaco – danneggiare la sua proprietà anche solo per rabbia».

È previsto l’arrivo di Piantedosi in Puglia. Che gli diciamo?

«Che si dovrebbero dare una svegliata in generale. Noi stiamo verificando che, al di là del fatto che c’è un sostanziale crollo del numero dei reati, direi spontaneo in tutta Italia e in Puglia, il presidio del territorio è sempre molto debole. In una città come Bari alle volte si contano sulle dita di due mani le pattuglie che presidiano il territorio. Quindi è chiaro che, alle volte, è complicato, soprattutto durante le ore notturne quando i turni sono ancora meno, evitare che non accadano attività di cui stiamo parlando. C’è un reclutamento insufficiente delle forze di polizia».

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